Il titolo puo’ sembrare strano: tranquilli…

E’ che ho scovato uno speciale molto interessante per le questioni che solleva e visto che in effetti non siamo avvocati, sentire il parere di uno che scrive per il sito InterLex non fa mai male…

AGGIORNAMENTO: in effetti mi sono accorto dopo che questo articolo fa parte del Forum di Interlex aperto fino al 6 giugno, quindi la sua attentibilita’ non dipende strettamente da Interlex stessa… ma e’ pur sempre un ottimo spunto di riflessione e un’ottima occasione per suscitare discussioni su questo tema importante…

L’articolo in questione ha proprio questo titolo:

-> Brevetti software: le ragioni del fronte del “sì”

Ora anche questo documento e’ un po’ lungo da leggere, ma vi assicuro molto interessante e quindi e’ un MUST per sentire da un certo punto di vista un parere legale anche del fronte del si… soprattutto per riuscire a farsi un’idea piu’ chiara della questione…

La cosa maggiormente interessante che ne viene fuori e’ soprattutto il quadro della normativa attualmente in vigore, quella che ha concesso oltre 50.000 brevetti che in teoria sono illegali.. questo e’ quello che avevo sentito…e che pensavo piu’ o meno.. e invece..

La cosa complessa e’ che in realta’ la questione verte tutta su una serie di cavilli tecnici e legati al buon senso dell’Ufficio Brevetti: non e’ che nemmeno adesso la situazione sia cosi’ rosea in effetti e questo e’ proprio uno dei meriti di questo intervento…
Quello che la normativa si intendeva prefiggere era proprio di aumentare la “leggibilita’” di certe norme e regole poco chiare, ma in pratica forse tappa si qualche buco, ma ne apre una valanga in compenso.

Breve analisi

Partiamo da un sunto dei punti principali:

  • chiarimenti sulla brevettabilita’ del software ( sit. attuale e proposta )
  • chiarimenti sulla presunta brevettabilita’ delle idee e sull’annullamento del divieto posto dal trattato di Ginevra
  • scopo voluto della proposta e analisi situazione brevetti mondiale

Questo e’ a grandi linee il percorso che segue questo testo, partendo da una introduzione che spiega il perche’ in tali contesti sia veramente difficile avere accesso ad una informazione abbastanza obbiettiva…

IMHO dopo aver letto questo testo almeno dal punto di vista del quadro attuale le cose mi sono piu’ chiare e spiegano anche alcune incongruenze che mi stavo portando dentro…

Riporto quindi il primo punto analizzato:

[…]

Tra tali affermazioni spicca, innanzitutto, quella secondo cui con la proposta di direttiva si vorrebbe introdurre nell’ordinamento europeo il brevetto software oggi, viceversa vietato.

Si tratta, semplicemente, di un’affermazione non corrispondente al vero dettata o da una scarsa conoscenza dell’attuale quadro normativo e giurisprudenziale o - il che sarebbe più grave - di un messaggio di tipo “promozionale” studiato allo scopo di raccogliere consensi circa l’inopportunità che la proposta venga approvata.

Alcuni dati - in questo caso oggettivi ed incontrovertibili - mi sembra valgano a dissipare ogni dubbio al riguardo:

a) la Convenzione di Monaco sul brevetto europeo (CBE) all’art. 52 rubricato “Invenzioni brevettabili” prevede, al suo primo comma, che “i brevetti europei sono concessi per le invenzioni nuove implicanti un’attività inventiva e suscettibili di applicazione industriale” e contiene poi, al comma secondo, un elenco di tutta una serie di trovati - che, evidentemente, in assenza di un’esplicita esclusione sarebbero rientrati nel novero delle invenzioni brevettabili - in relazione ai quali il legislatore ha ritenuto opportuno stabilire un limite relativo di brevettabilità nel senso che essi non devono, “in quanto tali”, essere considerati invenzioni brevettabili.

Tra tali trovati - alla lettera c) - sono inseriti i programmi per elaboratore.
Un’interpretazione sistematica e rigorosa della richiamata disposizione consente di ritenere de plano che i programmi per elaboratore costituiscono un’invenzione industriale e che, pertanto - già allo stato e senza l’esigenza di alcun ulteriore intervento normativo - debbono essere ammessi alla tutela brevettuale ogni qualvolta siano in possesso dei requisiti di cui al comma 1 e la rivendicazione brevettuale non li consideri “in quanto tali”.

b) coerentemente a tale impostazione, d’altro canto, ormai da diversi anni l’Ufficio europeo dei brevetti e diversi uffici brevetti nazionali hanno iniziato a rilasciare brevetti aventi ad oggetto invenzioni attuate attraverso elaboratori elettronici ovvero brevetti aventi ad oggetto software non considerato “in quanto tale” ma considerato in relazione ad una specifica interazione con un dispositivo hardware o, più semplicemente, in quanto idoneo a risolvere - nella sua specifica attuazione ed interazione con altri dispositivi - un particolare problema tecnico.

Si tratta di un orientamento che può ormai ritenersi consolidato in quanto recepito nella giurisprudenza della Commissione di ricorso dell’Ufficio europeo dei brevetti, in quella di diversi Paesi aderenti alla Convenzione di Monaco nonché nelle direttive che guidano gli esaminatori dell’UEB al rilascio dei brevetti.

(c) come d’altra parte riconosciuto dallo stesso Stallman nella sua lettera ai parlamentari italiani, l’UEB ha già riconosciuto circa 50 mila brevetti relativi ad invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici.

A prescindere da tale cifra - evidentemente approssimativa stante l’assenza di una precisa classe brevettuale relativa ai trovati di cui ci stiamo occupando - si stima, comunque, che essa corrisponda a circa il 15% del volume complessivo delle domande presentate e, quindi, se si tiene conto che nel 2003 ne sono state depositate oltre 160000 può, ragionevolmente, ritenersi che solo in tale anno siano stati richiesti oltre 24000 brevetti per invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici.

L’idea secondo la quale le invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici non sarebbero allo stato brevettabili è, dunque, priva di ogni fondamento.

Passiamo ora al secondo punto:

Una seconda affermazione non corrispondente alla realtà ed anch’essa ricorrente nel “partito” dei contrari all’approvazione della proposta di direttiva è quella secondo cui attraverso tale proposta si vorrebbe superare il divieto di brevettabilità del software sancito all’art. 52 della Convenzione di Monaco e riconoscere, per questa via, il brevetto - per dirla con le parole di Stallman - sulle singole idee che compongono un programma.

Si tratta, anche in questo caso di un’affermazione o frutto di un’approssimativa lettura del testo della proposta di direttiva e di una scarsa conoscenza del sistema brevettuale o, piuttosto - ancora una volta - di un pericoloso “messaggio promozionale” fonte di disinformazione e dunque da rettificare con le poche sintetiche considerazioni che seguono:

(a) la direttiva non solo non mira a rimuovere il divieto di brevettabilità dei programmi per elaboratore in quanto tali sancito dal richiamato art. 52 della CBE ma, anzi, ribadisce in modo esplicito tale principio al primo comma del suo art. 4 laddove è previsto che “un programma per elaboratore in quanto tale non può costituire un’invenzione brevettabile”.
Sotto tale profilo, dunque, la direttiva appare dotata di scarsa portata innovativa e, in questo senso, assai poco coraggiosa tanto da avermi già indotto a definirla, per taluni aspetti, “inutile”.

(b) l’art. 3 della proposta chiarisce - in modo inequivocabile - che “per essere brevettabile, un’invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici deve essere suscettibile di applicazione industriale, presentare un carattere di novità ed implicare un’attività inventiva”, requisito che sussiste solo laddove il trovato apporti “un contributo tecnico”.

Il secondo comma dell’art. 4 della medesima proposta, prevede, poi che “un’invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici non è considerata arrecante un contributo tecnico (n.d.r. e dunque non è brevettabile) per il semplice fatto di implicare l’uso di un elaboratore, di una rete o di altro apparecchio programmabile.
Pertanto non sono brevettabili le invenzioni implicanti programmi per elaboratore, in codice sorgente, in codice oggetto o in qualsiasi altra forma, che applicano metodi per attività commerciali, metodi matematici o di altro tipo e che non producono alcun effetto tecnico oltre a quello delle normali interazioni fisiche tra un programma e l’elaboratore, la rete o un altro apparecchio programmabile in cui viene eseguito”.

Ecco invece il terzo punto:

C’è, infine, un altro profilo - almeno tra quelli che le esigenze di sintesi proprie di questo scritto consentono di esaminare - caratteristico del “fronte del no” che non appare convincente: l’idea secondo la quale l’eventuale approvazione della direttiva porrebbe l’industria europea - e soprattutto la PMI - alla mercè di quella statunitense.
Tale impostazione - ancora una volta - per un verso sembra ignorare l’attuale contesto storico ed economico e, per altro verso, appare di matrice “propagandistica”.

Al riguardo sembra opportuno ricordare che l’infausto scenario tratteggiato in tali affermazioni corrisponde esattamente a quello prodottosi nell’ultimo trentennio per effetto della vigente disciplina della materia: mentre, infatti, la PMI europea ha ritenuto preclusa la strada della brevettabilità del software, l’industria extra europea e, in particolare, quella statunitense e giapponese ha fatto un intenso ricorso a tale strumento.

Il risultato - oggi sotto gli occhi di ogni attento osservatore - è che oltre il 60% dei brevetti concernenti invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici concessi dall’UEB sono di titolarità di multinazionali extra-europee che, ovviamente, li utilizzano per creare o consolidare la propria posizione dominante in determinati settori tecnologici.

L’eventuale approvazione della proposta di direttiva, dunque, non solo non appare suscettibile di consegnare l’industria informatica europea a quella straniera ma, anzi, potrebbe agire, almeno, da strumento promozionale del sistema brevettuale spingendo la PMI del Vecchio continente - da sempre dotata di straordinaria inventiva e creatività - a ricorrere in modo più massiccio al sistema brevettuale, liberandosi, così dalla dipendenza statunitense e, forse, in taluni casi, invertendo il rapporto di forza.

Questo terzo punto secondo me e’ quello maggiormente discutibile, vista soprattutto la situazione americana non certo brillante in tal senso…
L’autore comunque ha espresso il suo parere per il si’ verso la direttiva, ma pur avendo aiutato a chiarire alcuni punti forse poco chiari, non mi ha fatto cambiare idea…

E per quanto riguarda la competitivita’, quella in effetti penso prevalga in un mercato libero piuttosto che in un mercato soffocato come quello americano: e’ sotto gli occhi di tutti l’uso smodato che in America ha il brevetto e come stia bloccando non poche aziende.

Maggiore informazione, maggiore senso critico e consapevolezza nei confronti di tale direttiva…

Riferimenti:

-> Brevetti software: le ragioni del fronte del “sì”