Piccole considerazioni su temi quanto mai caldi nel caos in cui viviamo…

Proprio stamani ho preso un libro che avrei voluto leggere da tempo e che adesso ho quasi finito:

-> L’etica hacker e lo spirito dell’eta’ dell’informazione

La recensione la faro’ quando l’avro’ finito intanto volevo solo dire un paio di cose al volo…
Intanto lo consiglio a tutti, e’ notevole e sono 180 pagine in formato tascabile…

Premetto che non e’ un libro tecnico, ma anzi piu’ sociologico che altro…

Ma conoscere un po’ le tecnologie aiuta nella comprensione…

Tra tutto quello che ho visto e’ proprio la sintesi sociale e storica delle vicende umane e della relativita’ di un concetto che pensavo fisso come la felicita’ che mi hanno colpito maggiormente…

Traggo uno spunto da un’intervista all’autrice:

Il conflitto più importante è quello tra l’etica hacker e l’etica protestante.

Nel mio libro cerco di inquadrare questo conflitto nel suo contesto storico.
L’etica protestante era necessaria alla società industriale perché in quella società molti lavoratori avevano compiti poco o per nulla motivanti, e pertanto vi era la necessità di un’etica che considerasse il lavoro come fine a se stesso, e non ci si potesse porre la domanda: “Ma io sto usando il mio tempo per qualcosa che non mi significa niente, e che non mi dà alcuna opportunità di realizzarmi?”.
L’etica protestante esaltava il lavoro, al cui culmine erano le immagini dell’Eroe sovietico che zappava i campi, o il manager occidentale con le maniche rimboccate. Il pensiero protestante era incentrato sul lavoro.
Questo atteggiamento nei confronti del lavoro è iniziato a partire dal XVII secolo, cioè un periodo piuttosto breve dal punto di vista storico. Vorrei ricordare che era del tutto alieno alla società agricola precedente al protestantesimo. Volendosi esprimere un po’ ironicamente si potrebbe dire che i filosofi medievali tendevano a porsi domande come: “Ci sarà vita dopo la morte?”, ma nessuno si era mai preoccupato di chiedersi se ci sarebbe stato lavoro dopo la vita.
Prima del protestantesimo,. il lavoro non faceva parte dei più alti ideali.
Iddio stesso ha lavorato sei giorni, e si è riposato il settimo, e questo è diventato anche l’obiettivo degli esseri umani. In Cielo non vi era la necessità di lavorare. Si può dire che la risposta originale della cristianità alla domanda: “Qual è il fine della vita?” fosse: il fine della vita è la domenica.
Poiché i primi cristiani paragonavano la nostra vita terrena al venerdì, potremmo dire che nell’etica protestante lo scopo della vita fosse il venerdì. Il modo di pensare prima del protestantesimo è incentrato non sul lavoro, ma sul piacere.
In una grande contesto storico l’etica hacker rappresenta un atteggiamento nuovo, adatto alla società informatica.
Si potrebbe dire perciò che lo scopo della vita non è né la domenica né il venerdì.
È invece il poter fare qualcosa che abbia un significato, fonte di gioia e di ispirazione – e non ha importanza classificarlo come “lavoro” o “piacere”, perché non sono le etichette che possono rendere desiderabile un’azione. Sia il lavoro sia il divertimento possono essere una noia, quel che è fondamentale è la natura dell’attività
.

Un libro che consiglierei di leggere se non ha gia’ letto a Luca De Biase perche’ integra molti temi che lui discute in termini piu’ contestuali e pragmatici, ma che rientrano perfettamente nelle medesime finalita’ :
la comprensione di come l’essere umano si rapporta oggi con l’economia e con le tecnologie nella ricerca di essere se’ stesso e di essere felice

Il suo libro che e’ in creazione continua tramite la Rete e’ questo:

-> Economia della liberazione - Le lacrime dei ricchi

  Il capitalismo ha esagerato: la monetizzazione della realtà non è la ricchezza

Cose che non sono scontate e sulle quali riflettere un po’ e’ quantomeno doveroso…

E anche se l’avevo gia’ segnalato sono temi che di certo non diventano ne’ noiosi ne’ obsoleti…

Riferimenti:

-> L’etica hacker e lo spirito dell’eta’ dell’informazione
-> Economia della liberazione - Le lacrime dei ricchi