In questo periodo post come questi saranno l’eccezione piuttosto che la regola…

Ma questo era tempo che l’avevo scritto e mancavano poche righe per finirlo, cosi’..

Comunque sono riflessioni utili in questo tempo folle di elezioni e scalate varie…

E visto che qualcun altro ha parlato di temi fondamentali, non perdo tempo a riformularli in forme peggiori, ma, come si dice in questi casi, “poggio sulle spalle dei giganti” …

A tal proposito e’ impossibile non citare alcuni passaggi molto chiari di un libro del quale ho gia’ parlato, “La televisione oltre la televisione“ …

Non aggiungo molto altro, se non anche la riflessione di Mantellini di oggi sulla professionalita’ dei giornalisti e dei nuovi media…
-> Contrappunti/ La Rete, mica la Stampa

Dal capitolo “L’informazione” di “Televisione oltre la televisione”

Premetto col dire che il capitolo in questione tenta di spiegare il crollo della vera inchiesta televisiva, alla Report per capirci, e cerca di riprendere il tema del ruolo del giornalista e dell’obiettivita’ delle notizie…

In un paese nel quale il numero di cittadini che leggono il giornale e’ in costante diminuzione, l’informazione televisiva assume un ruolo straordinariamente e pericolosamente importante , se si pesna che la stragrande maggioranza delle persone costruisce la sua visione del mondo, della politica e della societa’ quasi esclusivamente sulla base delle notizie dei telegiornali e sulle dispute dei talk show.
Consapevole di questo privilegio l’informazione televisiva, pubblica e privata, ne ha approfittato aumentado progressivamente la sua offerta.
Ma piuttosto che svilupparla con rubriche d’inchiesta e di approfondimento, l’ha accresciuta in ampiezza:** il numero dei notiziari e’ aumentato ma la loro qualita’, anche se non e’ peggiorata, e’ rimasta piu’ o meno quella di un tempo**.[ … ]

Tuttavia anch’essi [ i telegiornali ] hanno pagato il loro tributo alla pubblicita’ emulandone parzialmente il linguaggio e riducendo il criterio della qualita’ ad un unico parametro: il numero di spettatori.
Anche per misurare l’obiettivita’ dei telegiornali si usa un criterio puramente quantitativo, calcolando tout court il tempo di presenza in video dei leader politici, un tempo calcolato indipendentemente dalla qualita’ del loro apparire, proprio come accade per il resto della programmazione.

[ … ]

Le notizie perche’ possano dirsi veramente comprese, dovrebbero essere contestualizzate, inserite in un paradigma interpretativo, commentate da opinionisti di differenti tendenze e, soprattutto, verificate alla fonte.

[ … ]

Percio’ avviene sempre piu’ spesso che i giornalisti diventino esperti di packaging : impacchettano e imballano prodotti - le notizie - spesso senza poterne accertare la consistenza

Un altro limite dell’informazione televisiva e’ la concentrazione di tutte le notizie nell’imbuto dei telegiornali, senza che vi siano altri spazi di palinsesto dove approfondire, analizzare e soprattutto, mostrare i fatti che accadono.

[ … ]I telegiornali per loro stessa natura non posson fare altro che mostrarci un mondo in frantumi.
Schegge di notizie sui fatti piu’ disparati si giustappongono le une alle altre e rimbalzano, sempre uguali, da un notiziario all’altro come in un gioco di specchi.
Le situazioni sociali perdono il loro carattere di svolgimento, di processo dinamico, per cristallizzarsi nelle fugaci notizie di cronaca,in una lunga e accidentale sequenza di foto istantanee.

A questo punto inizia un capitoletto dal titolo, “L’inchiesta televisiva e il suo declino“, dove c’e’ altro materiale che vale la pena leggere un attimo…

Si usa affermare che un buon giornalista deve separare la notizia dal commento in modo che il lettore possa distinguere il fatto dall’interpretazione, necessariamente soggettiva, dell’autore dell’articolo.
L’informazione tuttavia non e’ fatta solo di notizie e opinioni, ma anche di ricostruzione minuziosa di situazioni spesso contradittorie, di risvolti inquestanti e percio’ stesso volutamente occultati, di contesti sociali politici e sociali piu’ ampi, in cui i singoli fatti devono essere inquadrati perche’ possano essere correttamente compresi; di paradigmi interpretativi che consentano di decifrare la concatenazione di eventi apparentemente accidentali e fine a se stessi.
Questo approfondimento e’ possibile soltanto con l’inchiesta giornalistica, che mira a svelare la realta’ dei fatti, a togliere cioe’, letteralmente, il velo d’ovvieta’ che ricopre le cosiddette news; oppure mira a mettere in luce avvenimenti di cui si ignora l’esistenza.[ … ]

Con il declino dell’inchiesta televisiva e’ cominciata la sistematica “spettacolarizzazione” della realta’: la vita pubblica e’ presentata come una lunga sequenza di striptease dell’anima, di aneddoti e confessioni sulle miserie della vita quotidiana che fanno leva sull’emotivita’ piuttosto che spiegare i grandi motori sociali che condizionano la vita degli individui.

Di fatto l’inchiesta e’ sostituita dai talk show che, tranne qualche lodevole eccezione, prendono a pretesto l’attualita’ politica e sociale per organizzare negli studi televisivi passerelle d’opinione e risse a buon mercato tra “professionisti” del video che ricordano, in sedicesimo, i retori e i sofisti che girovagavano per le citta’ dell’Attica e della Magna Grecia ai tempi di Platone, mandandolo in besta.

[ … ]

Un fenomeno del tutto analogo si manifesta nel mondo della carta stampata, dove l’introduzione delle tecnologie informatiche, piuttosto che aumentare la qualita’ dell’informazione, e’ servita soltanto ad “ottimizzare” i tempi e i costi del lavoro giornalistico, con la conseguenza che il cronista e’ sempre meno presente nei luoghi in cui i fatti avvengono. Percio’ attinge la notizia dalle agenzie, quasi mai potendo verificare la fonte primaria e, quindi, l’attendibilita’ e la portata.

[ … ]

La morte dell’inchiesta ha provocato un danno gravissimo: non potendosi piu’ rispecchiare e riconoscere nelle inchieste sociali dei media, la societa’ civile e’ stata colpita da una profonda crisi d’identita’ che non puo’ essere surrogata dai numeri asettici delle statistiche e dai sondaggi d’opinione in tempo reale, moneta altrettanto falsa usata abitualmente nei programmi televisivi in chiave spettacolare.

[ … ]

Sono gli stessi giovani che, a causa di una televisione che ha rimosso la storia sociale, rischiano seriamente di diventare come quei vecchi arteriosclerotici che conservano la memoria del passato remoto ma ignorano cio’ che e’ accaduto nel passato recente e, soprattutto, ignorano cio’ che accade oggi, intorno a loro.
Oltretutto i giovani non hanno piu’ la possibilita’ di apprendere alcunche’ nemmeno dalla strada, perche’ le strade non sono piu’ luogo pubblico d’incontro, ma percorsi d’interconnesione di luoghi privati.

[ … ]

Sappiamo dalle statistiche ufficiali che l’Italia conta nove milioni di poveri. Quelle stesse fonti ci dicono altresi’ che siamo anche il sesto paese industrializzato del mondo.
Com’e’ pssibile conciliare questi due dati, peraltro veritieri, in assenza di strumenti in grado d’immergersi in questa complessa rete di dinamiche sociali, di situazioni in movimento, di nuove e feconde contraddizioni che si confondono e si scontrano con quelle antiche?
Gia’ la semplice osservazione di un fenomeno non e’ sufficiente per comprenderne il vero significato; figuriamoci quale idea di una realta preclusa alla nostra vista, e la cui unica rappresentazione ci e’ data da sondaggi contrastanti e desolanti statistiche…

Ci sono ancora due capitoletti, molto importanti sulla questione, che vorrei citare…

Partiamo da quello intitolato: “La difficile ricerca dell’obiettivita’“…

[ … ]

L’inchiesta sul campo, uno strumento che affonda le sue origini nella sociologia accademica, presuppone che la situazione su cui s’indaga abbia una sua oggettivita’, che vi sia cioe’ una realta’ di fatto, magari contraddittoria, volutamente occultata o semplicemente confusa, che tuttavia puo’ essere compresa e spiegata in modo univoco, razionale e obiettivo.

Ma secondo molti giornalisti esiste una regola non scritta secondo cui “l’obiettivita’ non esiste“ …

[ … ]
Questo modo diffuso di pensare e’ alquanto bizzarro e autocontraddittorio. Potrebbero infatti esistere professori di matematica se la matematica fosse un’opinione? Certamente no!
Per analogia potrebbero esistere giornalisti se tutti gli accadimenti fossero opinabili e privi di una loro consistente, intrinseca verita’, magari irrangiugibile, come l’infinito cui tende una serie matematica, che pure definisce un numero? Certamente no!
Inoltre poiche’ la completezza e’ il valore fondamentale su cui poggia la deontologia del giornalista, tutto farebbe pensare che la ricerca della verita’ sia la prima delle sue preoccupazioni.
Infatti, come puo’ considerarsi completa una notizia senza la verita’?
E invece no: un articolo di giornale o un servizio televisivo e’ considerato completo solo se riporta le opinioni di tutti i protagonisti di un evento. Insomma, secondo un diffuso pregiudizio, la completezza dell’informazione consisterebbe nella somma delle singole faziosita’.

[ … ]

l’obiettivita’ non esisterebbe perche’, semplicemente, non esisterebbe una realta’ oggettiva da comprendere. La negazione dell’obiettivita’ comporta, nell’informazione e nella vita politica, conseguenze piu’ gravi di quanto non sembri a prima vista.
Lo scontro per giungere a svelare la verita’ si trasforma, infatti, nello scontro intorno alla verita’: chi ha piu’ potere detiene la verita’, poiche’ la impone come tale e riduce al silenzio la verita’ degli avversari che, seppure avessero le facolta’ di manifestarla, comunque non verrebbero creduti.

Che questa tesi spesso risponda ad una realta’ di fatto sarebbe ingenuo negarlo. In un mondo in cui i conflitti di potere devono fare i conti con le opinioni dell’elettorato, i mass media sono un poderoso instrumentum regni e la propaganda, ancora per molti lustri, sara’ indissolubilmente legata al farsi della politica e dell’informazione.

[ … ]

Ma che si faccia di tutto per offuscare la verita’ e al realta’ concreta delle situazioni, non vuol dire che l’oggettivita’ non esista.

Passiamo ora all’ultimo capitoletto che volevo condividere, dal titolo: “Il giornalista: una coscieza infelice“…

In base a quali criteri la professione del giornalista potra’ dirsi oggettivamente attendibile? Walter Lippman, celebre giornalista inglese, in un saggio scritto all’inizio degli anni 20 scrisse:”La funzione di una notizia e’ segnalare un evento.”
Il difetto di questa regola e’ che, per allontanare il pericolo della soggettivita’, esclude il contesto, cioe’ quel complesso di situazioni, dinamiche sociali, valori e personaggi in cui quell’evento si colloca.
In sostanza il giornalismo si riduce alla cronaca degli avvenimenti.[ … ]

Dovrebbe a questo punto essere evidente che il principio della completezza dell’informazione - inteso come mero pluralismo di opinioni - non solo e’ insufficiente, ma e’ anche erroneo, perche’ la realta’ che si e’ andata obiettivamente configurando prescinde dalla percezione che ne hanno i suoi protagonisti.
Riformulando la tesi di Lippman potremmo allora affermare: “La funzione della notizia e’ segnalare un evento, la situazione in cui si colloca e gli effetti possibili che essa produrra’.”

E’ indispensabile naturalmente segnalare anche l’autore dell’evento e la fonte della notizia, non trascurando la possibilita’ che l’evento sia proprio la diffusione della notizia, indipendentemente dalla sua veridicita’.

[ … ]

Essere una buona penna, un giornalista d’assalto, un polemista dalla sferzante ironia, quasi uno scrittore non significa essere un buon giornalista: la funzione del giornalista e’ molto piu’ nobile, consistendo nella ricerca faticosa, intelligente e rischiosa della verita’.

Da notare come queste parole risalgano all’anno 1999 visto che il libro e’ stato stampato in prima edizione nel febbraio 2000…

Parole che mai oggi sono sempre piu’ attuali, anche di fronte alle recenti controversie politiche ed economiche, verso le nostre amate elezioni politiche 2006…

Ma pensando anche ai vari giornalisti del calibro di Turani e soci…

Mah…

Il “farsi media“ puo’ essere una risposta?

Credo anche che lo spirito etico del blogging incorpori di fatto alcuni principi qui di fatto esposti di un buon giornalista…
Ma che va al di la’ del mestiere che uno puo’ fare, ma fa parte di un sano comunicare e di un sano buon senso nell’era dell’informazione…O no?

Just for fun :)