Nella parte finale del libro di Carlo Gubitosa, “Hackers scienziati e pioneri“ [ del quale parlavo qc post fa, e che adesso ho finito di leggere ], nel capitolo dove racconta la storia della nascita del Web, c’e’ un ottimo spunto per capire e catturare una delle mille sfacettature del magnifico strumento che usiamo tutti i giorni.
E che va’ consapevolmente difeso.

Quello che vorrei far emergere e’ un aspetto quasi romantico, ma assai importante per tutti noi.
Io lo chiamarei “Etica della Rete“. [ riconducibile anche a quella hacker, probabilmente… ]
Con qualcosa che faccia da spunto per discussioni nel WaveCamp, magari.
[ Vi avviso: questo e’ un post lunghetto… ]

Nel 1995, la notte tra il 30 aprile e il 1 maggio, vengono rimosse le tabelle di “routing” di NSFNet, la mappa delle “strade maestre” di Internet negli Stati Uniti, e il “backbone” finanziato dall’amministrazione federale statunitense viene disattivato in modo definitivo. In contemporanea, tutti i principali network provider statunitensi (Sprint, MCI, PSI, UUnet,Network99 e altri) trasferiscono i loro servizi presso il Network Access Point (NAP) di Washington D.C. La notizia è di quelle che travalicano il semplice significato tecnico: con il definitivo “pensionamento” della dorsale NSFNet, l’infrastruttura della rete Internet negli Usa è completamente in mano agli operatori commerciali.
[…]
Questo passaggio di consegne tra istituzioni pubbliche e aziende private è stato amaramente commentato,dal saggista Howard Rheingold:

Se le organizzazioni commerciali assumono la gestione della Rete dalle istituzioni pubbliche, chi vi avrà accesso e a chi sarà negato? Chi deciderà che cosa potranno dire e fare gli utenti della rete? Chi farà da giudice in caso di disaccordo sul diritto di accesso o sul comportamento telematico? **Questa tecnologia è stata sviluppata con denaro pubblico.** Deve esserci un limite alle tariffe che le aziende private possono imporre in futuro per farci pagare l’utilizzo di una tecnologia nata e sviluppata con il denaro delle nostre tasse? [...] Ci sono buone probabilità che i grandi centri di potere politico ed economico trovino il modo di mettere le mani anche sulle comunità virtuali, come è sempre accaduto in passato e via via con i nuovi mezzi di comunicazione. **La rete è ancora in una condizione di autonomia, ma non può rimanervi a lungo. È importante quello che sappiamo e facciamo ora, perché è ancora possibile che i cittadini del mondo riescano a far sì che questo nuovo, vitale strumento di dibattito resti accessibile a tutti prima che i colossi economici e politici se ne approprino, lo censurino, ci mettano il tassametro e ce lo rivendano**. [...] Forse in futuro gli anni Novanta verranno considerati il momento storico in cui la gente è riuscita, o non è riuscita, a cogliere la possibilità di controllo sulle tecnologie comunicative.

Gli anni Novanta sono ormai passati, e le tecnologie della comunicazione sono parte integrante della nostra vita quotidiana, utilizzate per fare la guerra o per insegnare, per trasmettere pubblicità o per condividere conoscenza, per cercare profitti personali o benefici collettivi.
Forse Howard Rheingold è stato troppo pessimista, e mi piace pensare che anche nel terzo
millennio ci rimanga ancora un po’ di tempo per decidere cosa fare di questo “ciberspazio” così bello e così potente, ma anche
così fragile e condizionabile dall’ignoranza o dalla stupidità umana.
Milioni di computer in tutto il mondo sono collegati ad una Rete che abbraccia i cinque continenti, e in ogni ora di ogni giorno dell’anno compiono il loro dovere con silenziosa efficacia. **Credo che la sfida degli anni futuri, una sfida umana prima ancora che tecnologica, sarà quella di mettere in Rete le persone dopo aver interconnesso i computer, **per sviluppare una “intercreatività collettiva” che possa davvero cambiare il mondo.

Intercreativita’ collettiva: questo e’ un aspetto che riprendero’ nel prossimo futuro, intanto segnamocelo…

Ci sono alcuni elementi salienti in queste righe, che vorrei puntualizzare:

  • Internet e il Web come tutte le tecnologie create e sviluppate per creare l’infrastruttura odierna sono un interessante connubio di sforzi personali, collettivi e di denaro pubblico, che lentamente e’ stato girato interamente ad organi commerciali e privati: occorre pero’ tenere ben presente l’aspetto di sforzo collettivo sottostante…
  • la consapevolezza della natura degli strumenti a nostra disposizione e di cosa sia giusto arrivare a pagare deriva dalla conoscenza pregressa dello sviluppo di quello che stiamo usando: ignorare questa cosa, permette di rendere comprensibile il pagamento e la lenta, ma continua perdita di tasselli e di diritti in nome del libero mercato
  • dal 1995 ad oggi, da quando cioe’ la Rete non ha piu’ dipendenze scientifiche collettive strutturali, siamo peggiorati a livello di liberta’ e di infrastruttura: non e’ un caso che la Net Neutrality stia per essere violata e messa in discussione. Questo sta capitando anche per la nostra ignoranza. Per la nostra mancanza di paletti forti e per una consapevolezza collettiva che e’ da costruire e rafforzare

Per ribadire il primo punto, vorrei citare alcune parole dell’intervento di Tim Berners Lee, alla prima conferenza sul Web:

[…]Ma ho finito per mettere in evidenza che, così come accade per gli scienziati, anche i membri della comunità di sviluppo del World Wide Web avrebbero dovuto essere eticamente e moralmente consapevoli di quello che stavano facendo. Penso che queste affermazioni siano state un po’ fuori contesto, ma le persone presenti a quella conferenza erano le sole che in quel momento stavano creando il web, e pertanto erano le sole che potevano garantire che il prodotto dei loro sistemi sarebbe stato adatto ad una società giusta e ragionevole.

Questo era il Web, dalle parole del suo creatore, e nelle direzioni che si stavano cercando di dare…
Etica del Web, forse. [ persone del w3c che lavorano alla parte sociale, da seguire ]
Ma anche molto altro.

E non si voleva certo estromettere il lato commerciale di quello che si stava creando.
Solo si e’ spostato il punto da dove iniziare a creare il valore aggiunto.

Ci sono dei principi economici che sono stati messi in discussione negli ultimi 50 anni, e pure palesemente vinti e trasformati, di cui l’esempio che conosco piu’ forte e’ proprio l’Equilibrio di Nash… [ un post recente sul tema ]
Valore aggiunto personale E valore aggiunto collettivo.
Il World Wide Web ne puo’ essere un esempio? Forse.

Ma sembra che tale principio sia studiato, ma che non sia molto applicato nella nostra vita reale, al di la’ del puro spirito accademico di qualche anima
Cosi’ come il principio del libero mercato che vince su tutto e che in teoria e’ la migliore cosa che sia mai capitata nella gestione delle risorse a nostra disposizione.

Grazie a tutto questo, pare proprio che stiamo perdendo alcune cose che 6,7 anni fa erano scontate.
Si va’ dalle Net neutrality, si passa alla liberta’ di espressione, e alla liberta’ di accesso alla Rete.
Alla liberta’ di utilizzo dei servizi sulla Rete e a molto altro.

Porto un esempio che mi ha abbastanza colpito alcuni giorni fa.

Onde radio, Wi-fi e Internet: le Persone e l’interazione tra Persone sempre al centro

Il mio amico Ivan ha una stanza con delle apparecchiature radio che farebbe invidia pure ad una torre di controllo di un aeroporto, davvero notevole .)
Essendo un radioamatore, e pure appassionato, ha dei veri e propri cimeli d’annata, tutt’ora funzionanti e a regime.
Il radioamatore e’ una figura davvero interessante, ed oggi forse un po’ anacronistica, ma sicuramente fondamentale per comprendere il passaggio culturale e il miopismo in atto sul fronte della consapevolezza sulle telecomunicazioni.

Vi faccio un esempio: nel mondo interconnesso dei cellulari, e’ normale consuetudine pagare un tot per comunicare a voce con qualcuno.
E’ un principio che non viene messo in discussione.

Tanto o poco che sia, pur avendo comprato l’apparecchiatura per farlo ( il cellulare ), e’ giusto pagare per la trasmissione in quanto tale.

Torniamo indietro ai primi anni 90, tipo il 91 per capirci.
Sempre qui in Veneto.

Due radioamatori dotati dei medesimi apparecchi, parlano e conversano amabilmente senza spendere nulla se non quello che hanno gia’ speso in apparecchiature. Punto.
Stanno usando le onde radio e la fisica, quindi la Natura, per conversare.
Seguendo la deontologia e le regole di buona educazione dello strumento, che oggi per la Rete sarebbe la Netiquette.

Ma non pagano nulla.
Anche oggi non pagano nulla, di fatto.
A differenza delle comunicazioni tra cellulari.

Bam.
Non mi ero mai accorto consapevolmente della cosa.
Non sono un tecnico delle onde radio, e pur sapendo il principio e le idee sottostanti, non ne ero mai stato davvero consapevole.
**
Pensiamo al cambiamento culturale nostro, e delle nuove generazioni.**
E’ cambiata la tecnologia, si e’ evoluta diciamo: ma i principi di base sono i medesimi.

Si e’ solo allargato il concetto di cosa sia giusto pagare e cosa rimane al di fuori del mercato.
E’ interessante vedere come sia cambiata la prospettiva,no?
Oltre al fatto che abbiamo spostato le antenne e abbiamo perso il senso delle cose, stiamo davvero pagando per le onde radio immesse nell’aria…

Non sono abbastanza preparato su questi temi, ma mi ha davvero colpito il diverso senso che diamo al medesimo principio fisico.
E al fatto che diamo per scontato il fatto che si debba pagare per avere accesso ad una risorsa.

Che, qc anno fa, invece, era impensabile concettualmente come idea.

Costi, che tra l’altro, alla faccia del libero mercato, non scendono negli anni.
Costo sia della singola chiamata che del singolo SMS.
Incredibile, no?

Sulla liberalizzazione delle frequenze ci sarebbe poi molto altro da dire.
Ma volevo solo cercare di far luce su questo aspetto: il relativismo di quello che riteniamo giusto pagare o meno.
Dare tutto al libero mercato potrebbe rendere automatico giusto pagare per ogni singola comunicazione elettronica, magari.

Dopo aver perso la Net Neutrality.
Dopo aver perso la possibilita’ di mandare email non certificate.
Dopo aver perso la possibilita’ di usare il proprio hardware con il software e i programmi che vogliamo.
E con le periferiche che vogliamo.
Dopo aver perso un sano e competitivo accesso alla Rete. [ mi e’ arrivata la Fonera, devo attivarla a breve .) ]

Seguendo questa filosofia economica di allargamento dei mercati di competenza del libero mercato, andra’ a finire che pagheremo per il volume d’aria che respiriamo [ sempre piu’ inquinata ], per quello che vediamo in giro che non sia nostro [ e qui ci siamo vicini, con il divieto tutto italiano di no panorama freedom, e qui siamo all’idiozia davvero ormai ]

Oltre ad essere temi interessanti per spunti durante il Wavecamp, saranno dei fili conduttori anche del materiale che probabilmente presenteremo in tre, su un progetto stimolante, che io supporto e condivido nello spirito, ma che e’ stato fatto da altri e ben piu’ capaci miei amici, che stimo davvero .)