Ho appena aggiunto un pezzo al sottotitolo che racconta di cosa vorrei parlare in questo mio blog, e di cosa mi appunto in queste pagine: “spicchi di economia della conoscenza”. Perchè mi son appena reso conto che ho bisogno di condividere alcuni pensieri, fermandoli. Senza perderli. E di sfogarmi, anche, ogni tanto.

Sono diversi giorni che mi passano alla mente delle cose da scrivere, e che non riesco ad appuntare, o a cui si fatica a dare un titolo. Poco fa ero in macchina, ed accesa la radio, si parlava di crisi e di consumi, e sul come uscirne fuori da questo baratro. Da questo tunnel che sembra senza uscita. E mi sono arrabbiato, assai devo dire. Perchè si danno per scontate cose che non lo sono assolutamente. Si dà per scontato che è solo una crisi per aver esagerato sulla speculazione finanziaria e basta. Facciamo pulizia e si riparte. Non si intravede la fine di un mondo colorato, pieno di belle luci, dominato dall’economia della scarsità e dalla logica broadcasting. Non si accenna minimamente a tutta una serie di elementi che stanno facendo un cambio vero e proprio di paradigma. No, nulla di tutto questo.
Il dilemma più grosso è che tutte le possibili risposte costruttive alla crisi imperante che mi vengono alla mente pressungono una sola cosa di base. La Rete, la conoscenza della sua economia, la sua meritocrazia, la sua capacità di collegare persone, e pensieri a costi del tutto irrilevanti. E il suo potere di dare un valore diverso alle cose. Tutti tasselli questi sui quali ho iniziato a riflettere dopo aver iniziato a tirare le fila alla realtà di Metafora AD Network, per capirne a fondo le dinamiche e le prospettive.

E così è impossibile non dire nulla, far cadere le persone nel dilemma: ma dopo il crollo del comunismo, il capitalismo non era il migliore dei mondi possibili? L’economia guidata dalla superpotenza americana non era la risposta a tutti i nostri mali? Su questo un ottimo post dell’ideatore di Societing ci sono idee e concetti strepitosi, andrebbe letto al telegiornale delle 20. Per una settimana consecutiva. Costantemente.

Sono stanco, davvero stanco di vedere ripetersi certe dinamiche. Pensare che il PIL sia la risposta dei nostri mali, e che si distruggano vite, prospettive e molto altro grazie alla cieca autoreferenzialità dei mass media, che stanno cercando di rimanere a galla. Un avviso importante: state morendo, come le logiche che vi sottendono. O meglio, siete da ridimensionare. Ci sono persone che si stanno alzando, che stanno studiando, e che stanno condividendo i propri pensieri. In modo costruttivo, e senza le bende davanti agli occhi. La società è una creazione umana, e i paletti sociali che tanto ci legano e tanto ci bloccano, sono pur sempre paletti frutto dell’ingegno umano, e quindi si possono spostare. Si possono cambiare. Ma occorre cambiare punto d’inizio, occorre cambiare senso della prospettiva.

Sono arrabbiato vedendo quello che accade al mercato dell’auto, ad esempio. Non è possibile tenere in piedi qualcosa di insano come quello, grazie agli sforzi della collettività, perchè occorre mantenere lo status quo. Pretendo un’auto con tecnologie nuove, con dinamiche diverse e a costi inferiori. I mercati sono saturi, e il numero innumerevole di gadget hanno finito di fare aumentare la domanda. Perchè devo investire in qualcosa che costa un occhio, e che non risponde a quello che sto davvero cercando? E che potevate costruire già da tempo? Occorre ripensare la mobilità. Con trasparenza ed onestà.

Basta. Occorre tornare a pensare al valore di ogni singolo individuo e alla sua felicità, a quello di cui ha bisogno. Oggi possiamo organizzarci, spezzare le filiere produttive e i loro meccanismi nascosti di creazione del valore. Possiamo pian pian domandare di spezzare il circolo della reinvenzione della ruota. Possiamo co-creare. E una percentuale della popolazione lo vuole già fare, ma viene tarpata, viene incompresa e viene massificata. Possiamo sollevarci, tirarci su le maniche e costruire il nostro futuro. Stiamo vivendo un cambiamento, un disequilibrio, che comincio ad intuire, non è una crisi perchè qualcuno ha fatto il matto, ed ha esagerato con le speculazioni. E’ perchè l’economia degli ultimi 80 anni è costruita su basi irreali, legate alla fine a qualcosa di astratto, ai numeri. E i numeri si sa, son numeri. Sono infiniti. Quei numeri che vogliamo far crescere a partire da risorse finite. Materiali finiti. Un mondo finito: ed ad un certo punto, trac, il giochetto finisce. E noi come persone, non siamo risorse finite? Il tempo, gli anni, le ore e la nostra attenzione sono importanti, e non vanno sprecate. E sono tutte finite, ed hanno un valore immenso. Ed io sono stanco di dover subire questo sistema. Siamo ad un cambiamento di paradigma, ed i mass media devono fare inchiesta su questo, non possono rilanciare le grida urlanti di un sistema che ha fatto il suo tempo. Abbiamo rotto le regole, abbiamo per le mani qualcosa che non risponde a questi giochi: la Rete. Una piattaforma che rompe queste logiche, uno strumento oltre che un luogo che abilita nuove possibilità.

Nessuno dei mass-media ha mai parlato del lavoro dell’intelligenza collettiva, la wikinomics a detta di alcuni, l’economia della conoscenza per altri, in modo interessato e davvero senza pregiudizi, dando voce ad approfondimenti sani e ad inchieste approfondite. Un elemento che mette in crisi i modelli tradizionali di produzione e di creazione del valore, e che ovviamente i poteri forti stanno facendo finta che non esistano. Ma per fortuna ci sono, e stanno lavorando, modificando l’importanza di possedere le cose, modificando le basi della nostra società che si stanno difendendo a spada tratta in questi giorni che stanno crollando. Dal possesso all’accesso, dal possesso alla conoscenza. Un bene che non si disperde se lo condivido, e che è indissolubilmente nostro. Dicevo che è importante fare ecosistema, ed in Rete questa cosa inizia ad essere compresa anche da chi la Rete non la vive da tanto tempo. Il passo più importante adesso è farlo emergere in parole chiare e brevi. Portando esempi tratti dalla nostra vita vissuta. E portando tutto questo nella vita reale, nelle sue istituzioni, e nelle sue dimensioni: per far acquistare a tutto questo l’autorevolezza che per la persona media non ha, non lo ha detto la televisione, non lo ha detto la.. il nome del ministro di turno… Va data autorevolezza al di là del titolo, al di là delle singole amicizie nella classe di potere attuale. Va data autorevolezza alle idee, e alle opinioni che meritano attenzione. E questo oggi è possibile, ma va compreso, va esplicitato, e va difeso. Nulla è scontato, e quello che abbiamo oggi non è detto che un domani ci sia.

Io nel mio piccolo inizio questo viaggio, partendo dai miei social object, proprio per tenere traccia del loro potenziale di intreccio tra elementi legati alla proprietà privata, ma legati anche all’economia della conoscenza. Saranno raccolti nella pagina in alto. Un indizio? Iliad della Irex, un Nokia N800, un Dell Mini con Ubuntu preinstallata… Quanto valore hanno in quanto oggetti in quanto tali, e quanto in conoscenza data dalla comunità che ci sta attorno e ne rendono la vita infinita? E senza motivazioni che si legano al PIL… Anzi, e come fare a motivare la loro esistenza conteggiando solo il loro valore in PIL?

Avevo bisogno di un piccolo sfogo, concedetemelo…
Adesso mi sento meglio .)