Nel weekend a cavallo del 31 maggio e della festività del 2 giugno, ho preso l’occasione di andare a farmi una giornata e mezza al Festival dell’economia di Trento, edizione 2009. Un evento poco famoso in Rete e assai poco pubblicizzato, ma certamente di spessore, dato il tema di quest’anno: Identità e crisi globale. Tratto dall’editoriale della presentazione ufficiale:

Siamo maggiormente disposti ad aiutare gli altri e a farci aiutare, siamo contenti di farlo, quando possiamo scegliere con chi condividere queste esperienze. Siamo anche disposti a perdere se lo facciamo con i nostri amici. E’ una scelta di identità e di valori comuni al tempo stesso. In alcuni casi non siamo noi a scegliere (non scegliamo i genitori, né il paese di nascita, la classe anagrafica e nemmeno i compagni di classe) ma possiamo sempre dare più o meno peso a queste identità. Il fatto è che possiamo appartenere a diverse comunità, avere diverse identità al tempo stesso, da indossare e valorizzare a seconda di cosa stiamo facendo. Possiamo essere della classe 1960 oppure della classe Prima B, oppure tifosi del Torino oppure padani, italiani o europei, a seconda di quali valori vogliamo condividere. Basta vedere le pagine personali di Facebook per capire come le persone tengano a dichiarare a tutti gli altri utenti l’appartenenza ai diversi gruppi del social network, dalla religione, allo schieramento politico ai personaggi che amano e in cui si identificano. Una volta il voto era un segreto da condividere con pochi fidati amici. Oggi molti lo scrivono sul loro sito di Facebook. La rete permette di poter definire la propria identità rispetto ad una scala mondiale.

Insomma, visto che molte volte mi concentro sulla parte tecnica futura che gestirà al meglio le problematiche dell’identità, il tema era al confine tra filosofia, economia e tecnologia, e mi ha attratto assai. In Rete purtroppo se ne è parlato davvero poco, qualche link che ha citato l’evento:
-> Festival economia: le reticenze
-> Trento si prepara per quattro Giorni di economia internazionale: quali scenari ci attendono in futuro?
-> Talenti da coltivare
-> Felicità condizionata. Festival di Trento
-> Identità dei talenti: tra innovazione e cervelli in fuga

Mi ero messo nella saccoccia due interventi da seguire, ed uno da trovare poi in streaming se ci fossi riuscito, quello del sabato mattina che ho saltato e rivisto poi:
-> Giampaolo Fabris e Diego Della Valle - LA COSTRUZIONE DEL BRAND - ( ne parlero’ su Metafora.it )
-> Luca De Biase e Irene Tinagli - L’IDENTITA’ DEI TALENTI: TRA INNOVAZIONE E CERVELLI IN FUGA a cura Centro OCSE LEED per lo Sviluppo Locale
-> Luca Cattoi, Paolo Iabichino e Claudio Maffei - IDENTITA’ FA RIMA CON PUBBLICITA’? a cura Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Trento quindi l’ Invertising ( anche di questo si parlerà nel blog di Metafora nei prossimi giorni )

Ho notato una specie di filo conduttore, che ho iniziato a cogliere tra le righe, a partire dal post su SMAU Padova.

Ho visto in streaming l’inizio dell’intervento del sabato pomeriggio dove Giuliano Amato, Enrico Letta e Luca Montezemolo hanno parlato dell’ultimo libro di Letta, “Costruire una cattedrale“ -

ENRICO LETTA
COSTRUIRE UNA CATTEDRALE
a cura Mondadori
presenta: DARIO LARUFFA
ne discutono: GIULIANO AMATO, LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO

Non voglio discutere dei personaggi, ma di alcune delle cose che hanno detto. Ho visto la prima parte del loro intervento, che si puo’ trovare interamente nel canale video dedicato ( http://www.festivaleconomia.tv/ ).
Si è parlato della mancanza di costruire a lungo termine, dell’eccessiva presenza del presente nel nostro vivere quotidiano, e della mancanza assoluta dell’idea stessa di futuro. La metafora del costruire una cattedrale rientra proprio in questa totale mancanza di visione sul lungo periodo di molte delle iniziative sociali che ci circondano. Tutta la dinamica di controllo anche delle economie tradizionali si fonda sul breve termine ( bilanci trimestrali, cambio di governo o di politica regionale senza una condivisione di visione sul futuro e via dicendo ). Idee emerse da persone che non seguo di solito, ma che condivido, e che per chi segue De Biase e la dinamica del racconto del futuro nata dalle Venice Sessions, trovano un punto focale di connessione in questo intervento di Alessandro Baricco, illuminante su questo tema:

Una bella connessione, devo dire, ripresa poi anche nel corso della domenica al successivo incontro sulla fuga dei talenti da De Biase. Oltre al materiale presente nell’ottima sintesi di Nicola, ha parlato anche di egoismo altruista, e dell’importanza dell’economia del dono come base del riconoscimento in una dinamica di maggiore meritocrazia. E’ chiaro che la parte economica del riconoscimento sia una condizione di partenza, ma anche tutto il resto è assai importante, ed almeno di pari livello. La mancanza della visione a lungo termine uccide l’investimento in ricerca, e la totale pigrizia del sistema sociale vittima del potere politico che non costruisce oltre al proprio mandato ne è una delle carattieristiche più forti. De Biase parla della prospettiva del lungo termine, che sta rientrando nella società proprio attraverso i valori dell’identità e dei legami, tutti aspetti che la Rete mette in primo piano nel suo utilizzo sempre più maturo. Ma forse una platea non contaminata dalle dinamiche sociali della Rete faticava a cogliere l’importanza di questa dimensione. In questo senso manca il racconto e manca il muoversi verso il futuro della dimensione fuori dalla Rete, ed eventi come Venice Sessions stanno creando proprio un ponte tra queste due narrazioni, anche nel mondo fisico, congiuntamente col mondo online, costruendo quindi una specie di realtà aumentata. C’è sempre più una maggiore contrapposizione tra un certo tipo di mondo e questo che stiamo vivendo. Sono due lati del cambiamento in atto, forse. Senza contare la contaminazione del reale attraverso la forma delle città illuminate. Questo percorso nelle parole di De Biase era ovviamente implicito: non saperlo non permetteva di cogliere il senso completo delle sue parole. Ma sempre di un salto culturale si tratta, ed un passaggio obbligato sta nel raccontarlo, tanto se si arriva dopo, si puo’ sempre pian piano allinearsi e contribuire. Non ci sono risposte, ci sono tendenze, e la consapevolezza che siamo tutti sulla stessa barca e che la vera innovazione è nel creare assieme senza pregiudizi di sorta.
Ma non tutti ne sono così consapevoli. Almeno, non ancora.
Nel terzo incontro, quello sulla pubblicità e sull’identità, è emerso lo stesso filone: la pubblicità in quanto rumore ha finito il suo tempo, e la viralità stessa delle nuove tendenze non è una risposta alla creazione del futuro, se non quando risponde a creare valore aggiunto per la narrazione del futuro stesso parlando di quello a cui davvero teniamo. Anche qui la dimensione di assoluto presente del mondo più classico della comunicazione, quello dell’advertising, vede la crisi della mancanza di visioni e di contenuti a lungo termine.
Un ulteriore approfondimento su questo aspetto in particolare su Metafora AD Network prossimamente, realtà che vede in questa contronarrazione una delle sue ragioni di esistere. Intanto, anche qui ci sono segnali del salto culturale in atto, e dell’importanza di raccontarlo.

Un ultimo appunto: credo sia normale nell’avanzare del cambiamento che una parte affronti ed inglobi il cambiamento stesso e contribuisca a plasmarlo, ed una parte invece lo rifiuti, anche con forza ed ostinazione. I centri di influenza in tal senso sono ancora a favore di quest’ultima, ma per quanto? E soprattutto, quanto possono fare rispetto al valore della memoria della Rete, che tutto traccia e dove tutto permane?

La contro narrazione continua, in forme sempre più condivise e vicine al sentire di tutti noi. E ci cambia profondamente. Sempre più come uno storytelling che si costruisce dal basso, e che forse è la vera risposta alla crisi che stiamo vivendo, per dirla alla Christian Salmon. Ed Obama come promotore di una nuova narrazione, sotto tantissimi aspetti, è un segnale interessante.