Alla domanda del titolo non esiste una risposta condivisa: è sufficiente dare un’occhiata alla pagina “Civic technology“ nella versione inglese di Wikipedia, ma anche di quanto lavoro serva a quella in italiano “Tecnologia civica“. Cominciare a parlare di civic hacking e civic tech può essere il primo passo (in futuro, mi piacerebbe lavorare in prima persona per migliorare le pagine dell’enciclopedia libera. Mi piace immaginarlo come fosse un compito per casa, già segnato nel diario).

Lavorando al libro, avendo partecipato come tutor alla seconda edizione della Scuola di Tecnologie Civiche e grazie alle discussioni con Erika - e con altri appassionati del tema - sono arrivato a considerare alcune differenze tra civic hacking e civic tech:

CIVIC HACKINGCIVIC TECH
fuori dagli schemi, inatteso, scomodoa sistema, parte del mercato
attivismo e/o volontariatoprofessione/lavoro
sforzo individuale e/o di un gruppo ristrettoazione sostenibile nel tempo, progettata sia nelle risorse che economicamente
focus: il problema da risolvere, sentito prima di tutto a livello personalefocus: adattare una tecnologia per risolvere n problemi simili

Il civic hacking nasce dal basso, non sempre si pone questioni economiche (almeno nella fase iniziale) ed è frutto di sforzi volontari. Nel fare propria l’attitudine hacker, non è detto sia necessaria una relazione con le istituzioni, almeno in generale. Fare civic hacking significa (anche) occuparsi di tecnologia, ma non è mai l’obiettivo principale.
Il civic tech, invece, è molto più concentrato sulle tecnologie e su come esse possano aiutare i cittadini a relazionarsi con le istituzioni. A livello internazionale, il civic tech è - spesso - in mano ad uno dei giganti della tecnologia che propone l’uso di una propria tecnologia a scopi civici (ne è un esempio il movimento intorno alle smart cities, almeno per come è stato percepito in Italia). Da questo punto di vista, è una dimensione molto vicina al gov tech: ci si focalizza sugli strumenti (spesso tecnologici) e sull’efficienza nell’amministrazione. Se il gov tech si concentra sul lato istituzionale, il civic tech ha un animo votato all’aiutare i cittadini.

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Matteo Brunati

Attivista Open Data prima, studioso di Civic Hacking e dell’importanza del ruolo delle comunità in seguito, vengo dalle scienze dell’informazione, dove ho scoperto il Software libero e l’Open Source, il Semantic Web e la filosofia che guida lo sviluppo degli standard del World Wide Web e ne sono rimasto affascinato.
Il lavoro (dal 2018 in poi) mi ha portato ad occuparmi di Legal Tech, di Cyber Security e di Compliance, ambiti fortemente connessi l’uno all’altro e decisamente sfidanti.


Compliance Specialist SpazioDati
Appassionato #CivicHackingIT


Trento