Dopo aver condiviso alcuni spunti su Code for America, vorrei riflettere su un paio di elementi che ho approfondito in merito a mySociety, un’esperienza inglese di civic hacking che viene citata spesso anche qui in Italia. Per capirci, se hai sentito parlare di “FixMyStreet” oppure di “TheyWorkForYou”, conosci almeno un paio di servizi sviluppati da mySociety.

Prima di focalizzare alcuni aspetti di questa organizzazione, se ti interessa conoscerne la storia e hai poco tempo, nel loro sito ufficiale c’è una timeline davvero comoda e ben fatta.

Tutto inizia nel 2003

Siamo nella primavera del 2003 quando James Crabtree pubblica un articolo dal titolo Civic hacking: a new agenda for e-democracy - è lo stesso che ho citato anche nell’ultimo post, vale la pena focalizzarlo meglio. La prima cosa da notare è l’associazione di hacking e ‘civic‘: il termine “civic hacking” si trova perfino nel titolo e, a quanto ne so, pare sia la prima apparizione di questo termine in Rete).

In quell’articolo si lancia una provocazione all’idea condivisa di democrazia digitale in voga quegli anni. Viene messa in discussione la visione dell’e-government, dove lo Stato progetta, gestisce e mette a disposizione sempre più servizi via Internet, all’interno di un contesto di e-democracy. Il problema da risolvere (ieri come oggi) era trovare un modo per riavvicinare le persone alla politica. Molti pensavano che un pizzico di Internet sarebbe bastato, ma Crabtree non lo credeva. Il fulcro del suo ragionamento è questo (il grassetto è mio):

Networked technology can help representative democracy a little, but it is unlikely to be able to help a lot. It comes down to a basic problem: if someone isn’t interested in politics, and they don’t see the point in taking part, doing it online is not going to help much.

The good news is that there may be a better way. The internet can help to improve the civic lives of ordinary people, but only if it is based on a different principle. E-democracy should not be primarily about representation, participation, or direct access to decision makers. First and foremost, it should be about self-help.
Public investment in e-democracy should be about allowing people to help themselves, their communities, and others who are interested in the same things as them. As I will explain, the centre of such a strategy should be state support for what I call ‘civic hacking’, or the development of applications to allow mutual aid among citizens rather than through the state.

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Matteo Brunati

Attivista Open Data prima, studioso di Civic Hacking e dell’importanza del ruolo delle comunità in seguito, vengo dalle scienze dell’informazione, dove ho scoperto il Software libero e l’Open Source, il Semantic Web e la filosofia che guida lo sviluppo degli standard del World Wide Web e ne sono rimasto affascinato.
Il lavoro (dal 2018 in poi) mi ha portato ad occuparmi di Legal Tech, di Cyber Security e di Compliance, ambiti fortemente connessi l’uno all’altro e decisamente sfidanti.


Compliance Specialist SpazioDati
Appassionato #CivicHackingIT


Trento