Via Marco Massarotto, ho saputo della nascita del nuovo aggregatore BlogNation in salsa Telecom Italia.
-> BlogNation e la blogosfera dal soffitto di cristallo. (Screenshot)

Tra le altre cose Marco cita un gran bel post letto anche dal sottoscritto a cavallo delle ferie, ora non ricordo se tra un pandoro e i crostoli .), ma che ho trovato assai stimolante sul mondo della blogosfera in questo piccolo lido italico. Anzi, caratterizzante di molte delle comuni interpretazioni della blogosfera stessa:
-> La malinconia del blog: perché sulla rete in Italia c’è il soffitto di cristallo?

Merita una lettura.
Riprendendo quindi le parole di Marco che danno un contesto a BlogNation, per tornare on topic:

dare un voce ai blogger italiani, non “farli finire su un giornale“, ma dare loro una propria voce, un proprio spazio, una propria casa, e ciò che ne consegue

Non è importante polemizzare sul perchè si faccia questa cosa, l’importante è capire la differenza rispetto al resto, se esiste e se poteva essere migliore, rispetto alle nostre aspettative, viste soprattutto due premesse:

  1. Non è a fini di lucro
  2. Non duplica contenuti
  3. C’è una qualche forma di guadagno, anche se non si comprende ancora la modalità.

E magari si scoprono le differenze rispetto a Memesphere.it e a Blogbabel, in effetti.
Quanto peso hanno rispetto al Real-time Web e al flusso delle nostre reti sociali? Sicuramente meno di un tempo, probabilmente, ma lo hanno ancora per una grossa fetta di popolazione.


Letta quindi la discussione presente in FriendFeed
segnalata da Marco medesimo, oltre che la bella nota del Tagliaerbe, che merita una ripresa, soprattutto in questa parte:

Ma ecco le caratteristiche salienti di BlogNation, che dovrebbe differenziarlo (almeno un pochino) dalla concorrenza:

  • non ha una redazione (significa che il “motore” è completamente gestito da un algoritmo, e non da essere umani)
  • è “meritocratica” (ordina i contenuti in base alle valutazioni dei lettori. Se leggi una notizia significa che ti interessa, e ciò vale come un “voto positivo” verso quel post. Ma puoi contribuire anche taggando gli articoli o suggerendo nuove fonti)
  • premia i commenti (ai fini della classifica, non vengono conteggiati solo i link – sia i totali che quelli degli ultimi 30 giorni – ma anche i commenti ricevuti nel corso dell’ultimo mese)
  • non c’è rischio di contenuti duplicati (il servizio include solo l’inizio del post e il link verso l’articolo)
  • non ha scopo di lucro (è gestito da un’associazione senza scopo di lucro; i guadagni vengono reinvestiti nel servizio, per migliorarlo)
  • farà guadagnare (i blogger che contribuiscono di più alla crescita del servizio, guadagneranno – in futuro – quel che meritano)

Alcuni punti meritano un approfondimento futuro, che forse non è tempo perso.
Dopo aver visto la segnalazione anche via WebNews, non proprio ottimista, ecco una mia veloce interpretazione :

  • Metriche: si parla di link espliciti ( quindi essere citati nei siti e blog e nei commenti ), ma non mi pare abbia valore il numero di letture reali che il sistema sicuramente registra. O meglio, assume un valore positivo implicito. E se non fosse sempre così? In più non è chiaro quanto e che peso abbiano i link in forma automatica dai sistemi che accorciano gli url e che commentano in forma autonoma ( alla backtype per capirci, come ha segnalato @catepol anche in friendfeed ). Forse per fare un passo in avanti servirebbero forme di aggregazione di link che dicono la stessa cosa ( vuoi la stessa identità su diversi social network ), con il medesimo peso e forme nuove per dare pesi diversi ai link che un like non riesce ad esprimere. Se si mettessero i like dove si vuole appoggiare invece una nota negativa? Se si parla male di un link avrà un peso diverso? Questo sarebbe migliorare le cose. I numeri son numeri, e in un mondo di nicchie potrebbero non essere così importanti. Le classifiche lasciano sempre il tempo che trovano, in un mondo infinito come il Web.
  • Nicchia vs Massa e Integrazione vs Centralizzazione quindi: non so, ma data la situazione congiunturale italiana, con la crisi di potere dei media e della politica, aggregare per quantità i post della blogosfera significa parlare dei temi di massa e degli scandali di palazzo. Non vedo come sia semplice raggiungere le informazioni originali poste fuori dall’agenda setting di quello che accade nel nostro orto, o come arrivare a segnalazioni e riflessioni di nicchia e quindi numericamente inferiori al resto. Forse unire e far emergere le discussioni più citate o commentate non dice nulla del loro interesse o del loro valore. Se un tema è di nicchia non emergerà mai, ma sui temi del basso istinto ( politica, scandali e cose simili ), si andrà sempre in prima pagina. Sembra che ci sia la possibilità di migliorare l’algoritmo con l’inserimento di ulteriori info, ma lo si potrebbe anche fare integrandosi a sforzi collettivi come Wikipedia, via Faviki, ad esempio.* il fatto che sia non a scopo di lucro è interessante e mi provoca un pensiero ulteriore: appoggio il pacato ottimismo del Tagliaerbe in definitiva. Pero’ nello stesso tempo nulla si dice del valore indiretto che potrebbe condividere con la Rete. Il valore cioè dei dati aggregati. I dati comportamentali e aggregati raccolti, non potrebbero essere condivisi con una licenza per i dati ad uso non commerciale? Magari quelli vecchi di 6 mesi, o meglio 3 tipo. Diventare quindi una fonte per una piattaforma tipo con licenze di accesso Open Data, a questo punto. A vantaggio di tutti.
  • una nota positiva: si sta atomizzando l’architettura informativa secondo i modelli cognitivi classici. Tempo, spazio, e tipologia di oggetto: filtri per data, per luoghi, per tipo di contenuto ( video, audio, testo ). E questo è un bene. Verso un ulteriore passaggio per ulteriore atomizzazione ( paragrafi, concetti, persone, entità, argomenti, … )

Ovviamente, è tutto abbastanza casuale, visto che non sono un beta tester.
Pero’ vedere il video di un nuovo sistema di aggregazione come Managing News potrebbe essere un ottimo spunto di riflessione .) :
-> Announcing Managing News: A Pluggable News + Data Aggregator

Managing News is both a product and a platform. Out of the box it can help your communications team manage a brand reputation, allow geographically dispersed clusters of NGOs stay on the same page, or act as a simple thematic news planet to share feeds with the world. It can also serve as a platform to build highly custom data aggregators that suck in everything from CSV to RDF to custom XML formats and that need unique workflows and visualizations. Managing News is built on Drupal and uses Features, which makes it highly extensible.

Introducing Managing News from Development Seed on Vimeo.

Commenta e condividi

Di questa cosa sono rimasto assai colpito, ha implicazioni notevoli.
-> EMI’s Outrageous Lawsuit Against Developer Takes Its Toll
-> Congrats EMI! You’ve Killed Some Innovation
-> EMI lawsuit claims first casualty

The lawsuit targeted a developer of a service, Swurl, who just used an API for another service, Seeqpod, that was being sued. It’s quite troublesome to claim that one company is liable for simply using an API of another company who, itself, is probably not doing anything infringing

In breve: il servizio di lifestreaming Swurl è stato chiuso dai due creatori, perchè è stato denunciato dalla EMI per un semplice motivo: Swurl usava le API di un motore di ricerca innovativo centrato sui feed inerenti alla musica ( ma non solo ) di nome Seeqpod. Uso delle API non previsto da parte di Seeqpod, e denuncia di uno dei servizi che ne usavano a sua volta le API.
Da una segnalazione precedente sulla causa intestata da EMI e sul coinvolgimento dello sviluppatore dietro a Swurl, prendo la fine:

If EMI does win, it would set a precedent that the usage of an API puts the developer at risk of a lawsuit should the service they’re tapping into ever get sued. Such a decision would have huge ramifications for developers, who could become weary of using any service that could conceivably be considered illegal. It would stifle innovation. And frankly, it’s ridiculous.

Vediamo di sbrogliare la matassa.
Swurl era un servizio di lifestreaming, rilanciato a suo tempo anche da ReadWriteWeb, che stavo usando da luglio sia per me, sia come ulteriore canale di lifestreaming per Metafora AD Network. Era un’idea assai simile a Friendfeed, ma con importanti differenze. Non è importante dilungarsi sulle sue caratteristiche, è importante far emergere il contesto:

The lawsuit targeted a developer of a service, Swurl, who just used an API for another service, Seeqpod, that was being sued. It’s quite troublesome to claim that one company is liable for simply using an API of another company who, itself, is probably not doing anything infringing.

La catena è notevole: EMI ha portato in tribunale il servizio Seeqpod, e nel frattempo ha preso di mira anche uno dei servizi che ne usavano le API, ben prima di vedere se la causa contro Seeqpod si chiuda a suo favore, tra l’altro. Swurl, dal canto suo, essendo ancora un servizio amatoriale, ha chiuso i battenti, ovviamente.
Ci sono due cose che fanno riflettere, assolutamente non scontate: dove si sposta e si incentiva oggi l’innovazione, se mette in crisi modelli consolidati oggi forti, e un domani magari assai meno, e una questione di catena di colpevolezza assolutamente non scontata. Ben prima che sia provata la presenza di un crimine, si colpisce tutta la filiera. Bullismo legale è stato definito dalle fonti citate.
E non si colpisce il servizio in quanto tale, ma uno dei fondatori, personalmente.

Rather than just suing the companies, it’s also suing investors and the founders personally. This isn’t just highly unusual, it’s a clear attempt to pressure these companies into settling, as no matter how legitimate your stance is, it’s quite a scary thing to be sued personally, and potentially have personal assets at risk. Suing the founders personally is legal bullying. It’s a clear abuse of the legal system to try to force a settlement, rather than an actual attempt to raise a legal issue.

Continua a leggere

Sensazioni

in Tecnologie

Ho appena aggiunto un pezzo al sottotitolo che racconta di cosa vorrei parlare in questo mio blog, e di cosa mi appunto in queste pagine: “spicchi di economia della conoscenza”. Perchè mi son appena reso conto che ho bisogno di condividere alcuni pensieri, fermandoli. Senza perderli. E di sfogarmi, anche, ogni tanto.

Sono diversi giorni che mi passano alla mente delle cose da scrivere, e che non riesco ad appuntare, o a cui si fatica a dare un titolo. Poco fa ero in macchina, ed accesa la radio, si parlava di crisi e di consumi, e sul come uscirne fuori da questo baratro. Da questo tunnel che sembra senza uscita. E mi sono arrabbiato, assai devo dire. Perchè si danno per scontate cose che non lo sono assolutamente. Si dà per scontato che è solo una crisi per aver esagerato sulla speculazione finanziaria e basta. Facciamo pulizia e si riparte. Non si intravede la fine di un mondo colorato, pieno di belle luci, dominato dall’economia della scarsità e dalla logica broadcasting. Non si accenna minimamente a tutta una serie di elementi che stanno facendo un cambio vero e proprio di paradigma. No, nulla di tutto questo.
Il dilemma più grosso è che tutte le possibili risposte costruttive alla crisi imperante che mi vengono alla mente pressungono una sola cosa di base. La Rete, la conoscenza della sua economia, la sua meritocrazia, la sua capacità di collegare persone, e pensieri a costi del tutto irrilevanti. E il suo potere di dare un valore diverso alle cose. Tutti tasselli questi sui quali ho iniziato a riflettere dopo aver iniziato a tirare le fila alla realtà di Metafora AD Network, per capirne a fondo le dinamiche e le prospettive.

E così è impossibile non dire nulla, far cadere le persone nel dilemma: ma dopo il crollo del comunismo, il capitalismo non era il migliore dei mondi possibili? L’economia guidata dalla superpotenza americana non era la risposta a tutti i nostri mali? Su questo un ottimo post dell’ideatore di Societing ci sono idee e concetti strepitosi, andrebbe letto al telegiornale delle 20. Per una settimana consecutiva. Costantemente.

Continua a leggere
Foto dell'autore

Matteo Brunati

Attivista Open Data prima, studioso di Civic Hacking e dell’importanza del ruolo delle comunità in seguito, vengo dalle scienze dell’informazione, dove ho scoperto il Software libero e l’Open Source, il Semantic Web e la filosofia che guida lo sviluppo degli standard del World Wide Web e ne sono rimasto affascinato.
Il lavoro (dal 2018 in poi) mi ha portato ad occuparmi di Legal Tech, di Cyber Security e di Compliance, ambiti fortemente connessi l’uno all’altro e decisamente sfidanti.


Compliance Specialist SpazioDati
Appassionato #CivicHackingIT


Trento