Oltre ad essere stati al WordCamp Verona il 12 ottobre scorso, lo scorso mese non ci siamo fatti mancare proprio nulla e sabato 19 siamo stati ospiti al Festival 2019 di Informatici senza frontiere che si teneva a Rovereto. Partecipavamo ad un panel dal titolo “Storie di civic hacking” assieme ad Eusebia Parrotto. L’abbiamo immaginato fin da subito come un’introduzione al civic hacking, immaginando un pubblico che non ne sapesse niente. Eusebia l’avevamo suggerita fin dalle prime fasi in cui si stava delineando il programma del festival, perché ha un punto di vista molto originale su cosa significa essere una dipendente pubblica, ma anche una civic hacker nel proprio lavoro (ne abbiamo parlato in un post). Ci siamo approcciati al confronto immaginandoci una serie di elementi:

  1. il Festival di Informatici senza frontiere ci aveva incuriosito: Erika ed io non c’eravamo mai stati, ma il programma era sempre stato bello fitto. Moltissime tematiche erano vicine a quelle che abbiamo sempre toccato con il nostro progetto #CivicHackingIT, ma ancora nessuno aveva stimolato una riflessione condivisa. Abbiamo pensato che il festival del 2019 fosse l’occasione giusta per iniziare a lanciare qualche sasso nello stagno;
  2. personalmente, ho sempre trovato il termine “informatico” molto riduttivo e fuorviante. L’informatica stessa, come disciplina, ha invaso praticamente tutte le altre ed è difficile individuarne i contorni. Pensare all’informatica come espressione di volontariato è facile, specie se applicata al cosiddetto mondo in via di sviluppo: ripensarla all’interno del ‘primo mondo’ è molto più interessante. Questo è uno degli effetti che volevamo portare all’interno della cornice del Festival;
  3. l’informatica e la tecnologia in generale sono spesso viste come delle arti magiche, in grado di risolvere qualsiasi problema, come d’incanto. Non lo sono: sono strumenti che possono essere usati bene o male, di cui serve avere grande consapevolezza. È necessario pensare sempre alla visione di insieme e ai problemi che vogliamo risolvere. Questo è stato il punto di partenza per le storie che abbiamo scelto di portare a Rovereto per spiegare il civic hacking.

Queste sono le slide Continua a leggere

Questa è la seconda parte della presentazione che abbiamo fatto Erika ed io per il talk portato al WordCamp Verona 2019: se non hai ancora letto il pezzo di Erika sulla prima parte, dovresti farlo, altrimenti si rischia di non capire molto :-)

Cito l’ultima parte dove Erika mi introduce, così rientriamo in pieno nell’atmosfera:

Adesso che vi ho spaventati con una cosa tecnica, vi lascio a Matteo che vi porterà un po’ più a fondo nella tana del Bianconiglio, raccontandoci di WordPress come strumento di identità territoriale, come strumento per mettere insieme cose diverse e come strumento per creare relazioni.

Prima di continuare, la risposta a una domanda che ci hanno fatto almeno un paio di persone: molte delle illustrazioni inserite nelle slide sono di Sir John Tenniels e sono tratte da una edizione illustrata del 1865 di Alice nel Paese delle Meraviglie. Abbiamo potuto usarle così facilmente perché oggi si trovano in pubblico dominio su Wikimedia Commons (via John Tenniel).



Slide 11

Oltre a generare dati, WordPress può dare visibilità alle comunità che sono interessate (o legate) ad un territorio. Non dovrebbe stupirci: se pensiamo agli anni di maggior rilevanza della blogosfera italiana (tra il 2006 e il 2008, anno più, anno meno), il blog era lo strumento che dava voce a chi non l’aveva attraverso i media tradizionali. Era lo strumento scelto da chi faceva citizen journalism, una forma di giornalismo nata dal basso. Pensiamo ai quartieri di una grande città: i suoi abitanti potevano utilizzare un blog collettivo per raccontare il proprio punto di vista del territorio. Spesso, erano voci che non venivano raccontate nemmeno dai quotidiani locali, perché condividevano storie difficilmente notiziabili.
Altro aspetto da non dimenticare è Continua a leggere

Sfrutto questo post per approfondire alcuni elementi della sessione che ho tenuto qualche settimana fa a SOD19 (visto che anche Erika ha condiviso i suoi materiali). Avevo cominciato a riflettere su queste cose con il post chedati.(g0v).it  -  come gestire la domanda di Open Data nel 2019? che, da qui in poi, darò per scontato sia stato letto.

Cosa è emerso in lista SOD in merito alla domanda di dati prima del mio intervento

Ho condiviso in mailing-list il post su chedati.(g0v).it qualche giorno prima del raduno ed è emerso uno spunto di riflessione che vale la pena riprendere. Sto parlando del requestathon. Alfredo Serafini mi ha ricordato che una delle proposte di hackathon per SOD19 ipotizzate ad ottobre scorso era proprio il requestathon, ovvero un hackathon per lavorare in maniera specifica sulle richieste di dati. La cosa non è poi andata in porto, ma è uno spunto utile da cui partire. Alfredo l’aveva sepolto in un p.s. di una discussione (il grassetto è mio):

sarebbe carino rilanciare la community con una specie di “requestathon” :-) Cioè creare dei gruppi (apertissimi ai non tecnici) per ribaltare la chiave di lettura che ultimamente va di moda: invece che partire dal dataset (di solito un unico tabellone megagalattico, tipicamente ben poco utile al di là dei soliti giocattoloni visti 50 volte) e fare le analisi fiche, proviamo a raccogliere le richieste degli utenti e creiamo la mappa dei puntini da collegare per ottenere alcuni obiettivi dichiarati.

Nel commento di questi giorni ha integrato, chiarendo maggiormente quello che intendeva:

Manca a mio avviso tutt’ora una “mappa” in evoluzione delle richieste di varie tipologie di utenti (cittadini, imprese, PA, analisti, etc), tale da rendere possibile una individuazione dei gap, per orientare sia la produzione che il riuso mirato dei dati. Credo che averla consentirebbe anche un certo risparmio di risorse, che potrebbero essere più proficuamente destinate a cose di cui sia più semplice verificare l’efficacia.

Cercando il termine requestathon in lista, Continua a leggere

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Matteo Brunati

Attivista Open Data prima, studioso di Civic Hacking e dell’importanza del ruolo delle comunità in seguito, vengo dalle scienze dell’informazione, dove ho scoperto il Software libero e l’Open Source, il Semantic Web e la filosofia che guida lo sviluppo degli standard del World Wide Web e ne sono rimasto affascinato.
Il lavoro (dal 2018 in poi) mi ha portato ad occuparmi di Legal Tech, di Cyber Security e di Compliance, ambiti fortemente connessi l’uno all’altro e decisamente sfidanti.


Compliance Specialist SpazioDati
Appassionato #CivicHackingIT


Trento