Si parla di futuro di Internet, del Web, e del ruolo del Semantic Web, ma in un linguaggio adatto e comprensibile anche alla casalinga di Voghera!!

Lo potete ascoltare qui:
-> What is the future of the internet?

Ripreso anche da Nodalities, e’ importante notare un paio di cose:

I heard a classic description of the Semantic Web, in language which made it easy to follow.
It made reference to the idea of linking data, and described the difference between a link between documents and a link between data. It even gave examples of how these linked data could be used by people in daily tasks. In short, it was a brilliant, brief and not-too-technical description of where the web is probably headed, and how it’s semantic future could affect normal people. It had the added kudos of having been an interview with Sir Tim Berners-Lee, who was credited at the beginning of the short talk, with being the inventor of the World Wide Web.

La cosa straordianaria era il mezzo usato e il momento della giornata: come se fossero le 9 di mattina su Radio 24 e sentissimo un’intervista al creatore del Web, che in forma semplice da capire, chiacchera e spiega il futuro del Web.

Magari. In Italia siamo un pelino indietro, purtroppo.

Ma la dimensione e’ proprio questa.
Dalla tarda serata di lunedi’ [ ops, dalla tarda mattinata di mercoledi’, errore mio .) ], nella mailing list del gruppo del Linked Data e’ partita proprio una discussione in merito al semarketing, se vogliamo.

Cioe’ a come poter spiegare la potenzialita’ della piattaforma tecnologica del Semantic Web e del Linked Data in forme e metafore comprensibili a tutti. Semplicita’ non riduzionista, of course.

E’ una cosa che ho discusso anche recententemente con Simone Onofri, in merito alla potenza di visione anche del gruppo SIMILE, che proprio ieri ho trovato citato in un post breve ma assolutamente imperdibile:
-> Simile: Real World Challenges Drive Research Forward

SIMILE (Semantic Interoperability of Metadata and Information in unLike Environments), a collaborative project between MIT Libraries, David Karger, professor of Computer Science and Electrical Engineering at CSAIL, and Eric Miller, CEO of Zepheira and formerly with the World Wide Web Consortium (W3C) is breaking down limitations in software application interactions, making search functions more inclusive, and personalizing people’s interactions with their computers.

Questo e’ stato lo scopo dichiarato del gruppo.

SIMILE is pointing toward the future of what we will be able to do and it can only happen at a place like MIT, in terms of the relationship with faculty and their research. There is such an openness to collaboration, and we have finally hit our groove and things are starting to come to fruition

Pensiamo e cerchiamo di inquadrare questa visione quando stiamo usando SIMILE Exhibit e SIMILE Timeplot.

Significa rompere molte regole.
E non dico la parola rompere a caso.
Sono tutte innovazioni distruttive.
Dirompenti.
Scomode e comode per molti di noi, a seconda di come la si possa vedere.

E’ una forma di potere maggiore alle masse, ai singoli, e alla loro capacita’ di collegare le cose.
In forme collettive, in forme che possono far male, possono far emergere ed esplicitare collegamenti nascosti.
Sui quali vale la pena innovare, e magari che facilitino il risolvere di problemi, prima insormontabili.

Chi lo sa.

Cito da Stefano Mazzocchi, uno dei membri del gruppo SIMILE:

While Timeline is more focused on visualizing individual events and periods at different time scales (and does an outstanding and very innovative job at it!), Timeplot is focused specifically on uncovering causality dependency between events and trends.

E’ un potere che vorrei condividere sempre piu’, cercando di focalizzarlo su** scopi semplici da capire assieme** a chi legge queste righe.

Il potere di controllare i dati, di farli emergere senza dipendere da tecnologie o piattaforme chiuse, totalmente in mano a noi come collettivita’ e aperte a priori a mashup futuri e impensati.

Non e’ poco.
E i dati non sono mai stati in mano alla collettivita’, mai nella storia.
Sempre un’elite, sempre mai ri-distribuiti.
Questa e’ la vera lotta culturale che si trova come ostacolo nell’approcciare il Semantic Web.
E quindi il Web nella sua vera essenza di spazio condiviso e collaborativo di informazione.

Se pensiamo alla scienza della complessita’, come mi insegna anche il caro Gianandrea, queste son cose che possono gestire sempre piu’ l’emergenza come sistema e non come incapacita’ di monitorare le variabili sconosciute.

In tema di Sci(bzaar)net e di divulgazione scientifica, un’aggiunta doverosa. .)

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Non ho molte parole da dire stavolta, non servono quando emerge una presentazione con cosi’ tanta storia e tanti riferimenti fondamentali…

L’ho segnalata in altri lidi, ma vale la pena, nella calura di questi giorni, rinfrescarsi la mente con simile perle.
E poi magari non era facile da scovare nei post lunghi, sia mai che non si veda…

Una visione consigliata ed obbligata per chi vuole avere un quadro storico e sociale della dimensione del Web e del suo percorso storico di nascita ed evoluzione, una sintesi estrema per punti, che si puo’ comunque trovare in forma piu’ estesa nel famoso libro “Weaving the Web”, di Sir Tim Berners Lee .)
[ ne avevo parlato tempo fa, e mi ci trovo sempre dentro simili impressioni… ]

-> Origini, motivazioni e regole di evoluzione del World Wide Web

Mentre a Varese c’e’ l’interessantissimo convegno sull’Enterprise 2.0, che ahime’ manchero’, e’ utile fare un po’ di mente locale…

-> Tutti all’International Forum sull’Enterprise 2.0

si cerchera’ di leggerne i resoconti online…

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Riprendo le parole di Stefano Epifani, richiamando giustamente l’attenzione su qualcosa di davvero fondamentale.
-> Non capisco: sarà la paura?

Non sarà che il terrorismo a mezzo carta bollata funziona davvero?

Non ho molte parole per descrivere queste cose, se non pensando alla liberta’ di espressione, mentre la mente vaga verso le direzioni che prende la giustizia in Italia, in questo modo.
Ecco l’articolo 21 dalla nostra Costituzione, facciamo un ripasso:

**Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.**

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

FarsiMedia e’ importante, ne avevo gia’ parlato diverso tempo fa…

-> Farsi media: alcuni links…

E’ anche vero che e’ giusto richiamare la nostra attenzione e raccogliere l’appello di Stefano: non sono tanto le persone in gioco il problema, ma il fatto in se’ e quello che puo’ rappresentare. Verso un maggior senso di responsabilita’ dei blogger, probabilmente, caro Luca.

Secondo me, le persone che pubblicano online e lasciano che quello che scrivono sia letto da chiunque non dovrebbero essere condiserati necessariamente editori ma non dovrebbero considerarsi totalmente irresponsabili per quello che scrivono.** Secondo me, l’idea che una persona scriva online mettendoci la sua faccia è parte integrante della credibilità dei blog: e se lo fa è assurdo che chi lo fa non se ne assuma la responsabilità**. Aggiungo (anche se questo è meno certo dal punto di vista giuridico) che dovrebbe sentirsi responsabile anche di ciò che si scrive nei commenti ai suoi post. Perché i commenti sono parte del blog ed è il blogger l’unico a poter eliminare quelli che contengono elementi di illegalità.

Penso che l’influenza dei blog crescerà anche in relazione al senso di responsabilità che i blogger coltiveranno nei confronti di quello che avviene sui loro blog. E che non occorra la legge sull’editoria per sostenere questa ipotesi.

Qua si e’ toccato un tasto dolens di come funziona il sistema Italia.

E una probabile debolezza nel sistema New Media, dove l’unica soluzione che vedo e’,di nuovo, la Conoscenza e l’Emergenza di tali fatti, e di tali precedenti. Questa e’ la forza della Collettivita’. Per questo serve parlarne, proprio come fa giustamente notare Stefano.

Anche perche’ con questi stessi strumenti si fa sempre piu’ business, sempre piu’ Mercato: nella conversazione e’ fondamentale l’equilibrio e la reciproca consapevolezza nella forza dello strumento, da entrambe le parti.

Alcuni temi sono particolarmente delicati, questo e’ vero: pero’ i confini tra diritti e liberta’ sono molto labili…

Solidarieta’ per chi e’ finito sotto queste tristi vicende…

Chissa’ che la blogosfera italiana non batta un colpo…

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Matteo Brunati

Attivista Open Data prima, studioso di Civic Hacking e dell’importanza del ruolo delle comunità in seguito, vengo dalle scienze dell’informazione, dove ho scoperto il Software libero e l’Open Source, il Semantic Web e la filosofia che guida lo sviluppo degli standard del World Wide Web e ne sono rimasto affascinato.
Il lavoro (dal 2018 in poi) mi ha portato ad occuparmi di Legal Tech, di Cyber Security e di Compliance, ambiti fortemente connessi l’uno all’altro e decisamente sfidanti.


Compliance Specialist SpazioDati
Appassionato #CivicHackingIT


Trento