Parlare di Open Data non è sempre facile, ma la cosa più difficile a quanto pare è sempre quella di parlarne quando si hanno davvero degli Open Data.
Non è una questione solo tecnica, ma di pratiche e di processi, ed è importante tenere sempre alta la guardia, per diffondere il Verbo giusto .)

E’ una fortuna che il tema si stia diffondendo, questo crea consapevolezza, ma serve farlo correttamente: parlo del caso di Iris Network, che ritengo utile riprendere anche qui.
-> Open data Iris Network

Interessante la sequenza delle cose segnalate:

Nell’ambito delle attività per la redazione del nuovo Rapporto sull’impresa sociale – in stampa e tra breve in libreria! – è stata realizzata un’indagine su un campione di circa 400 imprese sociali estratto dalla banca dati che Unioncamere utilizza per il progetto Excelsior. L’ipotesi è di trasformare questa indagine in un panel periodico a cadenza annuale in grado di collezionare un set di informazioni sia di carattere anagrafico e strutturale (localizzazione, settore d’intervento, performance economiche, ecc.) che di sentiment (orientamento all’innovazione, atteggiamento rispetto alla crisi, ecc.). I dati del Panel Iris Network verranno utilizzati nelle nuove edizioni del Rapporto e in altri documenti con l’obiettivo di dare “il polso della situazione” di un settore di cui si parla molto, ma di cui, tutto sommato, si sa poco. Una volta utilizzata per le finalità istituzionali del Network la banca dati potrebbe essere messa a disposizione dei soci Iris e di altri ricercatori che hanno intenzione di approfondire aspetti specifici.

Quello descritto non è Open Data, sia ben chiaro. Sarebbe la semplice condivisione di materiale con i soci Iris ed eventualmente con qualche ricercatore o curioso che si ritenga utile coinvolgere. E tutto questo non è Open Data.

Ricopio il mio commento:

Ottima cosa quella di valutare la pratica degli Open Data a vantaggio di quel processo di trasparenza assai più vicino al sentire dell’impresa sociale.
Però, mi domandavo:
“Una volta utilizzata per le finalità istituzionali del Network la banca dati potrebbe essere messa a disposizione dei soci Iris e di altri ricercatori che hanno intenzione di approfondire aspetti specifici. Una politica di open data che in altri settori, soprattutto della Pubblica Amministrazione, si sta affermando in maniera sempre più evidente.”

Fare Open Data non significa seguire una moda, significa adottare una pratica. E questo implica il seguirne le regole. Non sono Open Data quando l’accesso è limitato ai soci e a persone che dimostrino interesse. Questo deve valere per qualsiasi utente presente sulla Rete. E senza aver bisogno di credenziali.

Questo è fare Data Web Marketing, in un certo senso.
Anche Enel si è mossa:
-> Anche ENEL entra negli Open Data, inizia il Data Web Marketing finalmente?

Sarebbe una risposta molto forte di visibilità e di etica adottare queste pratiche. Perchè non è solo una questione tecnica, è una questione di un nuovo modo di concepire alcune cose, e dei processi di partecipazione alle proprie attività.

Ringrazio Titti per il commento aggiuntivo: non sono Open Data quando ci sono filtri, quando non è abilitato il RIUSO TOTALE del dato, altrimenti è solo far finta di seguire delle mode. E qui giustamente, ci si può anche arrabbiare un po’. Perchè le imprese sociali sono quelle che dovrebbero essere assai più vicine al tema di tante altre.

Le risposte fanno emergere un aspetto interessante, che è utile riprendere:

L’utilizzo dei dati non sarà a esclusivo vantaggio dei soci, anche se, come dicevo nel commento precedente, ci piacerebbe che fosse vissuta come un’opportunità soprattutto (ma non solo) da parte di chi contribuisce nei fatti a fare la rete Iris. Rispetto all’interesse sono invece parzialmente d’accordo. Credo che una manifestazione chiara in tal senso da parte dell’utilizzatore dei dati potrebbe aiutare anche chi mette a disposizione questi ultimi a meglio comprendere il fabbisogno di conoscenza legato alla fonte che ha costituito.

Il dilemma antico del capire come verranno usati i dati. Aprire i dati è come costruire strade. E’ un livello di infrastruttura, al pari dell’accesso alla Rete.
Non si dovrebbe vincolare la costruzione dell’infrastruttura cercando di capirne gli utilizzi finali, specie nell’economia immateriale.
Nessuno si chiede di aumentare l’accesso alla Rete passando dal 56k all’ADSL e quindi all’accesso always on, attendendo dei servizi utili per motivare il passaggio.
E’ infrastruttura, ormai è un dato di fatto. Stessa cosa dovrebbero essere gli Open Data.

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Intervengo nella discussione di qualche tempo fa, a cui hanno partecipato Titti Cimmino e Maurizio Napolitano, per aggiungere un po’ di note a margine.
Per avere il quadro completo, serve leggerli:
-> Open Data: non avevo capito niente. Lo zeitgeist italiano è l’ignoranza?
-> ma cosa vuol dire open data?

Non ripeto le osservazioni fatte da entrambi, meritano e danno una lettura generale che appoggio in pieno.
Il concetto che vorrei far passare è questo: **fare Open Data non è il punto di arrivo, ma solo uno step importante su un percorso assai più grande. Quello di usare il Web al suo massimo potenziale. Non solo a livello tecnico, ma sociale a tutto tondo. **
E per fare questo percorso, serve delimitare correttamente ogni passaggio intermedio: se un anno fa in Italia poteva esserci un po’ di confusione sul tema dato pubblico != open data, ( all’evento Fammi Sapere avevo dedicato proprio un aspetto di questo passaggio ) ora dopo materiali e discussioni a disposizione, questo non è più possibile.

Siamo in un percorso, e non arriveremo tanto presto alla fine.
Abilitare davvero a livelli corretti l’Open Data in Italia, sia a livello di PA che a livello di privati, potrebbe essere il volano per cambiare le regole di questo Paese, e poi se non ora, quando?

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Sono mesi sempre più densi per il tema Open Data in Italia, e la cosa positiva è che ormai non si è più solo una sparuto gruppo di pazzoidi che cercano di comunicare quest’idea ctanto strana…
Ho iniziato anche a fare qualche aggregazione per tenere il passo, giusto per facilitarmi…. ( e a breve dovrei riprendere pure a scrivere un po’ di più )

Il movimento e l’interesse pare crescere, e tocca anche i primi privati, e che privati.

Enel, non è esattamente una realtà tanto piccola, no? Ne aveva parlato a suo tempo anche Luca De Biase, in effetti, in toni non proprio piccoli…

Come è emerso nelle sintesi di paper.li, Enel ha iniziato a fare Open Data, inizialmente in beta sul finire di agosto: pur con qualche difficoltà iniziale, la cosa che è passata in sordina è che c’è stato un vero ascolto della comunità online, dei blog e della mailing-list di Spaghetti Open Data. In questo modo sono riusciti a correggere il tiro sul discorso della licenza, e a rendere un po’ meno importanti certe critiche.

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Matteo Brunati

Attivista Open Data prima, studioso di Civic Hacking e dell’importanza del ruolo delle comunità in seguito, vengo dalle scienze dell’informazione, dove ho scoperto il Software libero e l’Open Source, il Semantic Web e la filosofia che guida lo sviluppo degli standard del World Wide Web e ne sono rimasto affascinato.
Il lavoro (dal 2018 in poi) mi ha portato ad occuparmi di Legal Tech, di Cyber Security e di Compliance, ambiti fortemente connessi l’uno all’altro e decisamente sfidanti.


Compliance Specialist SpazioDati
Appassionato #CivicHackingIT


Trento