TL;dr
A partire dai primi anni 2010, il tema Open Data ha suscitato in Italia viva partecipazione da parte di attivisti, imprese, civic hackers e funzionari pubblici. Questo ha creato l’occasione di muoversi verso un’economia dei dati dinamica e moderna. Purtroppo, l’occasione è stata in gran parte sprecata. A nostro avviso, questo è dovuto principalmente alla governance frammentata degli ultimi anni. In particolare:
- identità e numero degli interlocutori pubblici, e canali di interazione tra essi e l’ecosistema Open Data, cambiano in continuazione: AgID (Agenzia per l’Italia Digitale), Team Italia Digitale, Forum OGP…
- l’attore pubblico ha tentato di tenere il tema in ordine con gli strumenti dell’Agenda Digitale e dell’agenda nazionale per la valorizzazione del patrimonio informativo pubblico, orientati al governo dell’offerta di Open Data e che ne trascurano completamente la domanda. Ora:
- lo strumento dell’agenda nazionale non ha mai funzionato bene (monitoraggi non pubblicati, nessuna sanzione per le inadempienze, processi opachi che moltiplicano i costi della partecipazione per cittadini e aziende);
- il governo si è rifiutato di metterlo in discussione, con una seria revisione dei processi in base agli errori commessi e ai risultati non brillanti;
- nonostante questo, si continua a chiedere partecipazione a sondaggi e tavoli vari. Il ROI di questa partecipazione per cittadino ci sembra discutibile.
Osservazioni sulla strategia per l’evoluzione di un ecosistema Open Data in Italia
La governance frammentata degli Open Data in Italia negli ultimi anni (specialmente tra il 2015 e il 2017) ha creato grosse difficoltà nell’abilitare un riuso del patrimonio informativo pubblico da parte di tutti i potenziali attori dell'ecosistema.
Ci saremmo aspettati un riuso crescente di questo patrimonio, specie per numero di cittadini coinvolti e consapevoli di tale riuso: infatti, la situazione caotica presente in Italia non ha fatto crescere il bacino di reali utilizzatori dei dati pubblici.
Vogliamo condividere alcune di queste difficoltà:
- il numero di interlocutori che gestiscono l’agenda per la valorizzazione del patrimonio informativo pubblico italiano cambia in continuazione. Oltre agli interlocutori, cambiano i relativi canali dove instaurare dialogo e relazione: purtroppo, questa palese difficoltà nell’individuare a chi relazionarsi crea una barriera all’accesso invalicabile per la maggior parte della società civile, ancor di più delle aziende. Ecco alcuni di questi interlocutori:
- a giugno 2016 nasce il Forum OGP[1], guidato dal Dipartimento della Funzione Pubblica e dove sono presenti moltissime amministrazioni, sia centrali che territoriali, poste su livelli amministrativi diversi. Tra queste è presente anche AgID. All’interno del Forum sono presenti diversi tavoli, uno dei quali si occupa di “Trasparenza e Open Data”;
- a settembre 2016 Diego Piacentini viene nominato Commissario per l’attuazione dell’Agenda Digitale: dopo qualche mese nasce la struttura denominata “Team Digitale”, che si pone a fianco dell’Agenzia per l’Italia Digitale ed in parte ne coordina le attività, specialmente per strategie e infrastruttura. Ovviamente il riuso del patrimonio informativo pubblico rientra nelle attività governate dal Team Digitale. Questo nuovo attore aumenta la complessità nell’individuare i propri interlocutori e rende meno evidente lo stallo presente nella gestione dell’agenda per la valorizzazione del patrimonio informativo pubblico;
- le sovrapposizioni delle attività in corso nella gestione degli Open Data e dell’agenda stessa (o nella definizione delle sue parti), non vengono comunicate con la sufficiente chiarezza all’esterno delle strutture pubbliche. In questo modo il cittadino comune e l’attivista impiegano tempo prezioso per ricostruire il quadro d’insieme e il costo della partecipazione consapevole diventa sempre più elevato. Non si lavora per favorire l’inclusione dei portatori di interesse e dei cittadini che fanno parte del lato della domanda di dati, che sono anche i principali destinatari dell’agenda stessa. La comunicazione pubblica rivolta alla cittadinanza rende evidente soltanto il meccanismo burocratico dei processi interni;
- L’agenda diventa oggetto di diverse attività all’interno di alcuni filoni progettuali, senza mai però arrivare davvero ad essere uno strumento che abiliti il rilascio di dati aperti con tempi certi e attori ben definiti. Qui di seguito elenchiamo alcune tappe fondamentali:
- l’Agenzia per l’Italia Digitale rilascia la prima versione dell’agenda nel 2014;
- l’agenda non viene più rilasciata negli anni 2015 e 2016, non viene mai pubblicato il rapporto di monitoraggio per seguirne l’andamento, almeno fino al 4 aprile 2017, quando viene finalmente reso pubblico, soprattutto grazie alle richieste effettuate nei canali gestiti dal Team Digitale. L’unico monitoraggio pubblicato prima del febbraio 2017 è stato realizzato in maniera indipendente da alcuni attivisti nel 2015, e aggiornato poi nel 2016[2];
- la definizione dei panieri di dati all’interno del lavoro del Comitato Obiettivo Tematico 11/Obiettivo Tematico 2, realizzato nel corso del 2015 e degli inizi del 2016, sarà un altro elemento importante per l’agenda. Pur essendo condiviso in maniera pubblica attraverso il sito del progetto, raggiungibile per gli addetti ai lavori e chi sia a conoscenza della sua esistenza, non è semplice comprendere il processo di stesura e le implicazioni che avranno questi panieri sul rilascio dei dati guidato dall’agenda;
- nel tavolo “Trasparenza e Open Data” all’interno del Forum OGP si discute finalmente del lavoro sui panieri, ma soltanto nell’autunno del 2016[3];
- il rilascio del Piano Triennale per la trasformazione digitale della pubblica amministrazione, pubblicato a fine maggio 2017, riprende in diversi punti il lavoro che spettava all’agenda e di fatto ne governa le sorti, in un quadro più ampio che è tutt’ora in fase di realizzazione. I primi risultati di questo lavoro dovrebbero emergere agli inizi del 2018, almeno per quanto riguarda il rilascio di dati aperti secondo un’agenda di rilascio condivisa a livello istituzionale;
- non c’è coerenza comunicativa dell’agenda nei siti istituzionali:
- la pagina dedicata del sito di AgID (http://www.agid.gov.it/agenda-digitale/open-data/dati-pubblici-condivisione) non è aggiornata da aprile 2015. Non riporta il materiale pubblicato nel febbraio 2017, così come il rapporto di monitoraggio sulle agende 2015 e 2016 e non cita in alcun modo il piano triennale, né gli elenchi della basi dati chiave e il piano di rilascio di dati aperti;
- la comunicazione presente nel sito dati.gov.it sembra essere più coerente con il quadro generale, almeno per chi si mantiene aggiornato sulle iniziative, mentre nel sito che ospita il Forum OGP, nella pagina dedicata al monitoraggio dell’azione 1 - quella relativa all’agenda - il materiale è aggiornato solo parzialmente[4];
- pur considerando un elemento positivo la nascita del Forum OGP, il modo con cui è stata gestita la partecipazione e la consultazione in merito agli Open Data all’interno del tavolo dedicato ha minato la fiducia tra le parti, almeno se consideriamo le persone che da diverso tempo seguono questi temi all’interno della società civile. La volontà di impostare un Action Plan in 40 giorni, piuttosto che nei 6 mesi previsti dalla partnership, ha obbligato a scendere a molti compromessi nella gestione dei lavori. Come società civile abbiamo chiesto di inserire ufficialmente un documento che esprimeva chiaramente la necessità di rendere maggior evidente questa scelta progettuale[5]. Nella fase iniziale dei lavori all’interno del tavolo “Trasparenza e Open Data” si è scelto di non condividere l’attività in corso sugli Open Data che stava avvenendo in altre iniziative in seno alla pubblica amministrazione: questa scelta ha reso la partecipazione al tavolo molto difficile[6] dato che quelle risposte che si attendevano erano la base per poter partecipare in maniera consapevole ed utile. La squadra che gestiva il tavolo ha preferito fornire le risposte un paio di mesi dopo, probabilmente per i tempi strettissimi che c’erano a disposizione per la stesura del terzo Action Plan italiano. Questa scelta ha ridotto la motivazione a partecipare per gli esponenti della società civile. Si è distrutto capitale sociale, e sarà difficile recuperarlo, almeno nel breve termine;
- L’agenda probabilmente non è lo strumento adatto per gestire la complessità del legame tra domanda e offerta del dato aperto: avevamo già esposto molti dubbi sullo strumento nella lista di domande aperte che avevamo posto agli inizi dei lavori del Forum OGP[7]. Alcune di queste domande hanno trovato risposta a febbraio 2017, altre non hanno mai trovato una risposta diretta e documentabile. La questione relativa alla documentazione sul processo di governance rimane ancora senza risposte: l’agenda come processo interno all’amministrazione non sembra essere cambiata nella sostanza. Non abbiamo avuto chiarimenti sul perché non erano state rese pubbliche le precedenti agende, nè sui processi ad esse sottesi. Senza documentare gli errori e senza cambiare i processi che hanno portato a quegli errori e che non hanno raggiunto gli obiettivi di pubblicazione previsti, abbiamo molti dubbi che quel medesimo meccanismo ripresentato sotto altre spoglie possa funzionare. Non c’è alcuna sanzione, non c’è alcun ruolo attivo per facilitare la domanda, non ci sono canali sempre aperti per un’interazione ufficiale tra domanda e offerta in maniera pubblica e non c’è alcuno strumento istituzionale ufficiale per andare oltre alla mera consultazione. Sembra essere uno strumento costruito totalmente sull’offerta e sul monitoraggio dell’offerta: se si pensa che possa essere utile per creare un qualche tipo di stimolo a pubblicare dati aperti con continuità, allora è uno strumento che non funziona. Abbiamo chiesto di inserire un’azione che invece lavorasse su questo tipo di necessità, che aiutasse a gestire anche il lato della domanda[8], ma non è stato possibile inserirla nell’Action Plan. Stiamo approfondendo le motivazioni che ci risultano poco chiare con la squadra del Dipartimento della Funzione Pubblica[9].
- nel D.Lgs. n. 102/2015[10], il decreto legge che ha recepito la direttiva 2013/37/UE, l’articolo 9 recita
«Art. 9 (Strumenti di ricerca di documenti disponibili). - 1. Le pubbliche amministrazioni e gli organismi di diritto pubblico adottano modalità pratiche per facilitare la ricerca, anche interlinguistica, dei documenti disponibili per il riutilizzo, insieme ai rispettivi metadati, ove possibile e opportuno accessibili on-line e in formati leggibili meccanicamente. A tal fine, è utilizzato il portale gestito dall'Agenzia per l'Italia digitale per la ricerca dei dati in formato aperto rilasciati dalle pubbliche amministrazioni.».
In questo contesto, è importante ricordare che il portale dati.gov.it non ha aggiornato i dati che rendeva disponibili attraverso il suo sito dal giugno 2015 ai primi giorni di marzo 2017 (quindi per oltre 20 mesi), e non ha fornito alcuna segnalazione al visitatore del sito stesso. Questo comportamento pone molti dubbi nel reale investimento progettuale messo in atto dall’Agenzia per l’Italia Digitale e dalla capacità di governance strategica di alcuni tasselli fondamentali che dovrebbero stimolare l’evoluzione dell’ecosistema italiano che si muove attorno al riuso del patrimonio informativo pubblico. La rilevanza istituzionale del sito dati.gov.it e il suo ruolo abilitante nella filiera del riuso del dato non sembra andare di pari passo con la sua gestione. Abbiamo segnalato la necessità di trattare il servizio in maniera adeguata, al pari di ogni altro servizio pubblico, con approfondimenti nei nostri blog personali[11] e con segnalazioni nelle sedi opportune: un consiglio che sembra essere stato recepito, ma sul quale serve ricreare una base di fiducia tra le parti.
Siamo consapevoli che l’aggiornamento dell’art.117 della Costituzione italiana previsto dalla riforma costituzionale sottoposta a referendum il 4/12/2016, avrebbe favorito una diffusione di standard applicativi e interoperabilità in ogni livello amministrativo dell’apparato pubblico italiano, grazie all’emendamento proposto dall’on.Quintarelli[12]. Una soluzione forse alla questione della frammentazione della governance che ci avrebbe reso la vita più facile.
Conclusioni
Rileviamo un rallentamento nel progresso del movimento Open Data in Italia. Rileviamo anche, e non da oggi, una certa stanchezza nella comunità, che frequentiamo ogni giorno in Spaghetti Open Data, Wikitalia e altre sedi.
Non vediamo soluzioni semplici a breve termine. Nel medio termine, suggeriamo che il governo abbandoni l’atteggiamento amministrazione-centrico di questi anni, e si concentri sulla creazione di un ecosistema. Questo significherà scegliere alcuni dataset strategici, e presidiarne qualità e aggiornamento, insieme alle strutture di harvesting e distribuzione. Significherà prendere degli impegni vincolanti, con tempi certi e attori ben definiti, e rispettarli – e anche dire con chiarezza quali cose non si possono fare, e perché. Significherà razionalizzare la governance, facendo investimenti seri (anche di personale) su AgID o chi, al posto di AgID, dovrà governare questa partita.
Non crediamo che questo sia possibile senza un’assunzione di responsabilità sul complesso delle azioni di governo degli Open Data. In una battuta, chiunque chieda partecipazione alla società civile deve accettare che non può rispondere “il mio dipartimento non c’entra” se gli si chiede “che fine ha fatto l’applicazione dell’agenda del 2014?”.
Matteo Brunati
Alberto Cottica