Sono stato a SMAU Padova, soprattutto per vedere cosa veniva detto da IWA e i relativi workshop ( grandi come sempre e sempre più attivi, me compreso per aiutare il passaggio di informazioni e di contenuti dalla Rete al mondo offline ), e perchè non ero mai stato ancora ad una tappa dello SMAU itinerante. Avevo letto dello SMAU Unpacking e ne avevo espresso la dubbia utilità, è vero, nel post precedente. Pero’, come sempre, la realtà è assai più variegata di quello che si pensa.
Inizio con una rettifica: il sito smau.it sta iniziando a memorizzare sè stesso, grazie all’uso dei sottodomini delle varie location, bisognerà vedere se si mantengano anche le varie edizioni annuali. In pratica smau.it cambia dinamicamente a seconda dell’evolversi del tempo, e le varie tappe cadono sui sottodomini tipo padova.smau.it e via dicendo…

SMAU è in ogni caso una fiera in crisi, e questo è noto: ma forse sta rinascendo su basi solide, l’unica modalità che possa coesistere con un mondo ICT che si informa sempre più con la Rete, e con i social media. Alcuni punti da focalizzare:

  • la Rete e le sue dinamiche stanno arrivando al mondo professionale, attraverso i canali istituzionali ed i canali attraverso cui tale mondo business è abituato a dare autorevolezza, tipo le fiere ed eventi locali patrocinati da Confindustria o similari. SMAU rientra perfettamente in questa dimensione autorevole di collante di mondi e di ecosistemi. Se certe cose sono arrivate anche a SMAU, allora è possibile essere fiduciosi.
  • lo sfarzo e quel marketing di pura fuffa ed immagine con niente dietro sta sparendo, complice anche la crisi. Occorre pesare ogni tipo di costo superfluo: nessuna modella, nessun effetto pirotecnico in fiera, ma solo workshop e piccoli stand dove creare relazioni. Cosa serve di più?
  • la Rete come piattaforma sociale a bassissimo costo e che perdura nel tempo sta facendo breccia nelle menti degli imprenditori: complice la crisi, stanno comprendendo che è un luogo e non più solo un canale dove tutto permane a costo zero. Dal depliant al portale, ed oggi alla idea di community. Ben oltre una questione puramente tecnologica, grazie anche alle commodity tecnologiche sulle piattaforme a disposizione da usare ( sia i motori open source di social networking, sia i servizi tipicamente web2.0 che abbattono i costi di implementazione ).

Il fatto che due organismi accademici e professionali, quali la School of Management del Politecnico di Milano, ed IWA Italy, stiano diventando punti di riferimento dell’evento per formare il mondo business sulle dinamiche della Rete e su contenuti in quanto tali, è un segno dei tempi. Il mondo del Web2.0 che nel 2007 e nel 2008 ha iniziato a creare quei legami deboli in giro per l’Italia grazie al fenomeno dei barcamp, adesso sta diventando sempre più il protagonista nel passaggio della cultura della Rete verso il mondo business tradizionale, sfruttando gli eventi più classicamente istituzionali come SMAU, od eventi locali che portano i vantaggi di questo mondo anche nelle piccole realtà, come quello che sta accadendo in Veneto con la sigla Ecosistema2.0. E questo si comprende anche dalle parole di Pierantonio Macola, AD di Smau, intervistato proprio da IWA:

Trasferimento di conoscenze, oltre alla tecnologia e oltre le singole realtà. Insomma, si sta promuovendo un ecosistema ibrido di conoscenza. Un ambiente che promuova la condivisione della conoscenza. Pierantonio parla proprio di contaminazione tra mondi, tra media. Conosco qualcuno che ne ha già parlato, tempo fa.
Insomma, per dirla alla Luca De Biase, la contaminazione del racconto del futuro sta avvennendo sotto i nostri occhi, e i protagonisti siamo noi, ognuno nel proprio piccolo. Il bello della Rete è anche questo: dà maggiore significato alle nicchie e permette loro di sopravvivere. I grandi numeri non sono necessari: è possibile coprire delle aree di interesse e delle comunità, di qualunque grandezza, e questo diventa davvero fondamentale. E ne aiuta l’emersione, la visibilità e il legarsi a realtà simili, ma non uguali. E’ possibile raccontare tutto questo, a costi zero, e per questo è possibile un racconto a più mani, un racconto a più autori con le proprie comunità di riferimento. E’ possibile rendere la comunità stessa l’entità stessa che potrà dare la risposta per uscire dalla crisi.
Forse una risposta alla crisi dei grandi e dell’essere grande, forse una forma di decrescita del mastodonte brand multinazionale che un tempo dava sicurezza ed oggi l’ha persa, forse un modo di ridare significato alle nostre diversità. Lavorative, culturali e personali.
Da un mondo del mercato di massa, ad una massa di mercati. E’ la coda lunga, ahnoi…
L’ Italia, sempre incompresa nelle sue PMI e nella sua dimensione riassumibile in “popolo della partite iva“, e nel suo essere artigiana di sè stessa, forse si risolleverà prima di altri in un nuovo rinascimento, in forme ibride decentralizzate e liquide. Elementi sociali nuovi per rispondere ad un cambiamento epocale. Ecco cosa manca in questo momento, più di tutto, nel mondo dei mass media.

I segnali ci sono tutti.
Serve un ecosistema culturale ed umano per poi comprendere quell’ecosistema di dati con cui si potrà davvero far fare un salto di qualità al mondo oggi conosciuto. Non più una questione tecnologica, ma sociale: come anche Stefano Epifani fa notare via Friendfeed.

ps - grazie della foto al mattacchione di roberto .) l’intervista alla prossima occasione allora, non abbiamo fatto in tempo!