Io ed Erika stiamo scrivendo un libro a quattro mani, dal titolo “Civic hacking: comunità informali, prototipi e Open Data“. Io con il cappello da tecnico, un passato strano, denso di tecnologia, comunicazione e attivismo; Erika laureata in filosofia e profonda conoscitrice delle scienze umaniste che sopporta uno come me, anche nella vita (ah giusto, siamo sposati eh :)).

Abbiamo scelto di rendere pubblico questo progetto al raduno di OpenDataFest, che si è svolto il 2 giugno a Caltanissetta, sia perché ci sembrava giusto lanciarlo nella nostra comunità di appartenenza, sia perché volevamo osservare dal vivo il tipo di accoglienza che avrebbe avuto la nostra proposta. E devo dire che l’accoglienza è stata davvero calorosa! Ecco un paio di tweet:

Abbiamo realizzato un sito ufficiale per il libro: è un buon punto di partenza per capire di cosa stiamo parlando e per restare aggiornati sul progetto, assieme all’hashtag #CivicHackingIT.

Il sito civichacking.it

Prima di andare avanti, tre cosette da non dimenticare in merito al progetto:

  1. fino al 31/7 c’è una raccolta di contributi scritti, una specie di call for contributors: non vogliamo scrivere un libro astratto e teorico, ma vogliamo esperienze dirette e storie di civic hacking che aiutino a far capire il potenziale e la fatica di quello che si può fare. Ci sono delle linee guida da seguire e una breve form da compilare (ci sono tutti i dettagli nel sito);
  2. campagna di crowdfunding: lanceremo una campagna per aiutarci in questo sforzo titanico. C’è la form a cui iscriversi per essere poi avvertiti sui dettagli.
  3. newsletter #CivicHackingIT: sabato 8/7 lanceremo la newsletter settimanale #CivicHackingIT. Digital Update è la nostra newsletter preferita, quella che apriamo più spesso. Per #CivicHackingIT vogliamo fare qualcosa di simile e raccogliere i link più interessanti sull’argomento civic hacking in italiano (con occasionali spunti in inglese) più alcuni aggiornamenti sul progetto del libro. Sarà un modo per condividere tutto il materiale che riterremo interessante. Compila pure il form che trovi a questo link http://eepurl.com/cUKXyH, non te ne pentirai (odiamo lo spam, quindi non temere non useremo la tua mail impropriamente)!

Nel libro parleremo di:

  1. Open Data
  2. Civic hacking
  3. Comunità informali
  4. Zone grigie
  5. Prototipi

Qui di seguito alcuni spunti per incuriosire un po’ :).


Perché il titolo: “Civic hacking”?

È qualcosa che abbiamo capito dopo aver deciso quali sarebbero stati i potenziali lettori e quale obiettivo ci stavamo dando nello scrivere questo libro.

Di sicuro le nostre motivazioni partono da esperienze diverse: da un lato io sento il bisogno di capire cosa abbiamo realizzato davvero negli anni scorsi attorno al tema Open Data, soprattutto a livello di pratiche, perché oggi siamo davvero in un momento di stallo per il movimento italiano.

Da tecnico mi rendo conto che spesso ci siamo troppo focalizzati sul livello tecnologico (dalle discussioni sull’importanza dei Linked Open Data alle questioni legati ai formati e ai modelli condivisi). Spesso abbiamo dimenticato che l’Open Data fosse solo un mezzo, non un fine, qualcosa di utile per affrontare qualcosa di ben più ampio, di più importante e di maggior rilevanza per le persone comuni.

Ci siamo resi conto che non volevamo scrivere un libro sugli Open Data, ma su qualcosa che li coinvolgesse indirettamente senza renderli l’argomento principale. Quando abbiamo allargato lo sguardo e capito che volevamo parlare di comunità, di progetti e di prototipi, degli attori e dei ruoli che ci sono nel campo da gioco che vedono gli Open Data la palla da calciare. Ci siamo accorti che volevamo inserire anche quello che è andato storto e quello che forse c’è di positivo e che non bisogna mai dimenticare: in tutto questo, il civic hacking ci è parso il collante naturale in grado di tenere tutto assieme.

Quante volte alla domanda “Ah, ma quindi stai lavorando?”, quante volte siamo stati in difficoltà nel rispondere al perché partecipare ad una comunità, risolvere problemi che in qualche modo ci interessano e potrebbero essere di interesse per molti altri, ma non se ne rendono conto, quante volte abbiamo fatto fatica a spiegare che tutto questo per noi non è lavorare. Significa qualcosa che si nasconde nel concetto stesso di civic hacking.

Quindi, cos’è in pratica il civic hacking? Non vogliamo dare una definizione vera e propria, che forse non esiste: per noi è qualcosa di riconducibile a questo:

Storie di italiani e italiane che collaborano per trovare soluzioni creative a sfide sociali concrete.

Qualcuno (la Sunlight Foundation) lo riassume così:


Non si parla di civic hacking in Italia

Sappiamo che il civic hacking esiste, ma ha bisogno di maggior attenzione: crediamo sia davvero un argomento che merita un filone tutto suo. Quindi, dopo aver capito che il libro avrebbe parlato di civic hacking, ci siamo detti: bene, di sicuro altri ne avranno parlato nel corso degli anni. Anche se recente, non è mica nato ieri.

Ci siamo sbagliati: ci siamo resi conto che in italiano non c’è nulla che approfondisca specificatamente il tema del civic hacking, anche se in Italia ci sono molti progetti e molte storie che meritano di essere conosciute e raccontate e che sono civic hacking per davvero. Raccontarle potrebbe stimolare una riflessione collettiva, specie per farle diventare delle buone pratiche.

Diamine, non serve citare solo le esperienze estere come se fossimo nel 2007. Non ce lo meritiamo.

Ricerca con Google Libri: libri che parlano di civic hacking

Tranne qualche libro dove si accenna al civic hacking come capitolo a parte (penso ad esempio a Cambiamo tutto, libro scritto da Riccardo Luna, dove però l’attenzione è sui civic hackers), non è stato ancora un tema oggetto di una riflessione critica dal meritarsi un titolo vero e proprio. Vogliamo colmare questa mancanza, stimolando magari la nascita di un filone di approfondimento, perché no?

Come abbiamo scritto in civichacking.it, non vogliamo scrivere:

  • un manuale;
  • un memorandum;
  • un’autobiografia;
  • una cosa lunga e pallosa;
  • un testo accademico;
  • un vademecum per la PA.


Le comunità informali sono l’humus da dove partire? Dobbiamo averne cura

Nello stesso tempo, dopo quasi 7 anni di storia della comunità di Spaghetti Open Data, si sente il bisogno di un cambio di passo. C’è una sorta di stallo per noi che abbiamo iniziato fin da subito, ma non per questo si deve mollare e abbandonare il campo. Non si possono ripetere esperimenti e modalità già vissute che non hanno portato i risultati sperati. Non è facile capire quale sia la strada da percorrere ora: l’occasione di riflessione che darà questo libro sarà utile, forse fondamentale, specie per stimolare un ricambio nelle persone che si riconoscono dei civic hacker.
Serve riflettere su come diventare resilienti e includere altri che vogliano mettersi in prima linea e cogliere la bellezza e la fatica di questo modo di essere, per lasciarsi guidare dalla curiosità di rompere le cose e capire come sono fatte, come funzionano e poi migliorarle. Magari scoprendo che funzionano con pezzetti diversi, grazie a ricombinazioni differenti.

Di certo non è ancora il momento di uscire di scena.
Anzi, rompere le scatole come singoli e come comunità non è mai stato tanto importante.



Non dobbiamo essere tecnocrati: ripartiamo dai problemi

Abbiamo bisogno di (ri)dare un giusto ruolo alla tecnologia: non può essere guida e base di tutto, come non può essere accettata e adottata in maniera cieca ed entusiasta. Va usata in maniera consapevole, ponendosi sempre delle domande.

Matteo Tempestini nel novembre scorso ha rilanciato la necessità di discutere e riflettere proprio su questo tema:

Io voglio un paese dove chi sa usare le tecnologie mette questo sapere in reale condivisione con le amministrazioni, per le cause umanitarie, per chi si occupa di crisi. E voglio un paese di persone che attivamente si impegnano nel miglioramento delle cose tramite la tecnologia.

Io voglio un paese dove questo supporto diventa un processo continuo di contaminazione tra persone ed il mondo delle amministrazioni e associazioni.

Un processo che non porterà mai ad un governo perfetto, ma sicuramente sempre in continuo miglioramento. E soprattutto qualcosa di veramente partecipato, un paese dove il cittadino che sceglie di dare una mano effettivamente verifica in modo tangibile che può darla subito.


Raccontaci la tua storia di civic hacking!

Tenendo conto di tutto questo, è tempo di raccogliere storie di Open Data, prototipi, comunità informali e modi di sfruttare le zone grigie (quelle strane possibilità che si creano a volte. Parafrasando Pareto, l’innovazione sta nel creare nessi nuovi tra cose note). Tutto questo per noi è civic hacking: non solo tecnologia, ma un modo per scardinare vecchie abitudini, un modo per riprendersi il proprio ruolo di cittadini, un modo per risolvere problemi.

Se vuoi inviarci un tuo contributo, ricordati di leggere le linee guida e scrivici pure: hai tempo fino al 31/7!

Se vuoi seguirci nel dipanarsi di questo lavoro, il modo più veloce è seguire #CivicHackingIT.