In the last month so much written ideas and talks about Content Negotation and URI, information spaces and so on dilemmas, in the Semantic Web areas…
And what about the abstractions which are on the Web.?..

So, during the first setting of Fullout site ( as soon as possible the first coherent version online, also in english ), i’ll take the chance of studying better htaccess, content negotiation issue and the language dilemma of web pages

With the large amount of editors, of programs which make our perception of the Web platform so distant and unclear sometimes… I’m convinced that it’s time to take a look better to HTTP and to the world we all thinking to know so clearly.

Maybe it’s not so clear.

The principles i’m seeing in all these things is SIMPLICITY and the LEAST POWER one

It’s THE MOMENT to re-think how building sites and putting data on the web, towards the Web of Data .)

Totally agreed with this post:
-> Web design 2.0 - it’s all about the resource and its URL

Site owners effectively thought of their sites as silos - a self contained object, a web of pages, with a handful of doors (links) in and out - well even if they didn’t think of them as silos they sure treated them as such. But as Tom Coates puts it Web 2.0 is about moving from a “web of pages to a web of data“:

_ A web of data sources, services for exploring and manipulating data, and ways that users can connect them together. _

This has some important implications for the design of web sites. Users expect to be able to navigate directly from resource to resource. From concept to concept.

I also noticed one more thing: we concentrate us on which CMS using for a project, but not to make it TRANSPARENT to the user, or in other words, we make the technology of the backend of a web site CLEAR and EXPOSED to the user….

It’s not so right.
We must change this way of doing things.
Let’s changing it.

Starting with one of the core principles of the Web: URI don’t change.

What to leave out

[ _from URI _]

Everything! After the creation date, putting any information in the name is asking for trouble one way or another.

  • Authors name- authorship can change with new versions. People quit organizations and hand things on.
  • Subject. This is tricky. It always looks good at the time but changes surprisingly fast. I discuss this more below.
  • Status- directories like “old” and “draft” and so on, not to mention “latest” and “cool” appear all over file systems.
  • Documents change status - or there would be no point in producing drafts. The latest version of a document needs a persistent identifier whatever its status is. Keep the status out of the name.
  • Access. At W3C we divide the site into “Team access”, “Member access” and “Public access”. It sounds good, but of course documents start off as team ideas, are discussed with members, and then go public. A shame indeed if every time some document is opened to wider discussion all the old links to it fail! We are switching to a simple date code now.
  • File name extension. This is a very common one. “cgi”, even “.html” is something which will change. You may not be using HTML for that page in 20 years time, but you might want today’s links to it to still be valid. The canonical way of making links to the W3C site doesn’t use the extension.(how?)
  • Software mechanisms. Look for “cgi”, “exec” and other give-away “look what software we are using” bits in URIs. Anyone want to commit to using perl cgi scripts all their lives? Nope? Cut out the .pl. Read the server manual on how to do it.
  • Disk name - gimme a break! But I’ve seen it.

Re-learning the Web at its principles…

Towards a new way of being IN the Web .)

[ if you wnat to subscribe to my posts in english, for now use this feed, all post are in the English category, until the upcoming dagoneye.it IA step ]

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Energia, felicita’ e sopravvivenza: che dilemma

Primi giorni dell’anno, si pianifica cosa fare, cosa migliorare del blog e di quello che si sta facendo, e qualche pensiero laterale alla rinfusa parte davvero per la tangente .)

Come qualcuno segnala, son giorni di riflessione anche sulla ricerca di senso, su quello che siamo diventati e che stiamo trasmettendo alle nuove generazioni in erba…

Forse e’ il caso di riprendere mano alla questione della felicita’: cosa ci serve davvero per essere felici?
Io qualche risposta ce l’ho. [ oltre all’effetto terapeutico del blog stesso .) ]

E la Tonino Bello rientra nella risposta.
Il resto, in attesa di leggere il libro del caro Luca De Biase, lo pesco da un altro volume che consiglio: “Intelligenza sociale“…

Nel piccolo regno himalyano del Bhutan la “felicita’ nazionale lorda” del Paese e’ tenuta in considerazione alla pari del prodotto interno lordo, indicatore economico standard riconosciuto ovunque nel mondo. La politica pubblica, ha dichiarato il re, dovrebbe essere legata alla sensazione di benessere delle persone, non solo all’economia.[…]Il punto di vista convenzionale sostiene che il capitalismo sia l’unico modo efficace per distribuire le risorse. Ma esso manca di compartecipazione. Mi chiedo se le possibilita’ dei nostri modelli economici non si stiano esaurendo, e se l’alto livello di disoccupazione globale sia di fatto strutturale e molto profondo, non solo un fenomeno passeggero.
Forse ci sara’ sempre un considerevole, e probabilmente crescente, numero di persone che proprio non riesce a trovare un buon lavoro. E allora mi chiedo: come potremmo modificare il nostro sistema cosi’ da renderlo non solo efficiente ma anche compassionevole?Anche Paul Farmer, il crociato della salute pubblica divenuto una leggenda per il suo lavoro ad Haiti e in Africa, denuncia la violenza strutturale esercitata da un sistema economico che mantiene la maggior parte della popolazione povera del mondo in condizioni di salute tali da impedire loro di sfuggire a tale condizione.
Per Farmer, una soluzione consiste nel trattare la sanita’ come un diritto umano e rendere la sua erogazione una preoccupazione primaria, anziche’ un fatto secondario.
**Sulla stessa linea di principio Weiner afferma che un capitalismo partecipativo richiederebbe di modificare le nostre priorita’, oltre a destinare una quota maggiore del budget nazionale alla beneficenza. **Cambiare il sistema economico in modo che diventi compassionevole lo renderebbe anche molto piu’ stabile a livello politico.

E ancora:

**L’empatia e’ essenziale in un capitalismo partecipativo, in cui si tenga conto della miseria umana e di come alleviarla.**Bisogna creare nella societa’ la capacita’ di provare compassione. Gli economisti, per esempio, dovrebbero studiare i benefici sociali di un’educazione dei figli socialmente intelligente e di programmi scolastici imperniati sulle competenze sociali ed emotive, sia nel sistema educativo, sia nelle carceri.

[…]

Credo che i benefici andranno da un profitto scoalstico piu’ alto ad un rendmento migliore sul lavoro, da bimbi piu’ felici e socialmente capaci ad una migliore sicurezza della comunita’, nonche’ ad uno stato di salute perdurante.
Persone piu’ istruite, sicure e sane danno maggior contributo ad ogni economia.

Siamo sicuri che ce lo stiamo ricordando?
Capitalismo partecipativo assieme alla democrazia emergente: idee e direzioni che hanno molti aspetti in comune, e che possono essere le chiavi di volta del passaggio storico che stiamo vivendo…

Prossimi post per idee ed iniziative, segno che qualcosa si sta muovendo, per fortuna .)

Partendo da quello che giustamente fa emergere il caro Sergio Maistrello con l’ottima idea di mappa collaborativa

Ma siamo sicuri che poi quei dati che usiamo tramite il tool di Google possiamo gestirceli al meglio?
Mmm…

Qualche proposta arrivera’ .)

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Energia, cibo e felicita’, spunti veloci di inizio anno…

Non ho molto da dire, oltre quello che avevo accennato tempo fa, e che in questi giorni fa pensare:
-> Cento di questi giorni.

E che sarà mai. Il petrolio che arriva a 100 dollari mentre io, ignara, me ne sto su una statale di montagna sotto la neve ad aspettare Godot.

Aspettando Godot, [ o il treno adesso che vado al lavoro senza auto, forse e’ meglio ] ci ritroviamo i portafogli sempre meno pieni, e come ha giustamente fatto notare Antonio giorni fa, pure il pane sta salendo come un folle, e non e’ il solo…
-> Aumenta il pane, governo ladro!

prezzo pane chicago - grafico

Questo grafico mostra l’andamento del prezzo del grano alla Borsa del Commercio di Chicago, dal 1999 ad oggi. Non occorre capire le formulette finanziarie per cogliere lo sconcertante colpo d’occhio.

Ma una delle cose piu’ interessanti, e’ il commento di Alessandro, che credo faccia pensare.

Prevedo tempi duri, causati dalla finanza ke su questa via di esaurimento delle risorse si sta buttando a pesce. Se la filiera fosse semplicemente diretta dal produttore al cosumatore tutto sarebbe + facile da verificare e controllare, se opportuno, ma con la finanza ke si intromette, acquista in qtà e stokka nei magazzini in attesa dei prezzi ke così inevitabilmente crescono (purtroppo si possono diminuire i consumi vitali ma non eliminarne la domanda) diventa impossibile una qualsivoglia azione calmieratrice del mercato.

In pratica la finanza speculativa sta aggravando un problema ke già grave lo è di per sè !!!

Le risorse alimentari ed energetike non possono ridursi xkè incomprimibili e questo purtroppo in un sistema della domanda e dell’offerta altera il processo di aggiustamento del mercato ke va a farsi benedire. Il risultato è ke la finanza regna sempre + sovrana e spavalda, sicura di investire in settori ke non generano perdite, altro ke altilenanti mercati borsistici, meglio accaparrarsi le risorse fondamentali.

Sarà, ma il 2008 lo vedo male, xkè i denari ke finiscono nelle tasche dei finanzieri sono quelli della gente ke lavora e produce reddito reale e non speculativo e artificiale come quello della finanza trattata nelle borse di tutto il mondo. Ogni giorno ke passa saremo + poveri e gli effetti di tale impoverimento già partono dal basso, dalle masse … e si sà ka le masse quando perdono la pazienza non le controlla + nessuno … forse stanno maturando i tempi x nuove rivoluzioni.

La speculazione che ha superato qualsiasi soglia umana e’ il vero dilemma…
Che si aggiunge a problemi strutturali ben noti.

[ _aggiungo anche un bel pensiero sull’approccio da avere, non catastrofista, ma realista… _]

Sempre sull’onda del bisogna usare la testa, che le vie per lavorarci non sono finite, un bello spunto dal caro Caravita:
-> Discariche e discariche

In Campania una discarica viene vista come una maledizione biblica, da incendio di autobus o impiccagioni simulate. Negli Usa l’autorevole Boston Globe ne parla invece come di una risorsa preziosa.

Oggi circa 400 discariche, là, producono normalmente energia, attraverso il recupero del metano da fermentazione (dei rifiuti) e di qui energia elettrica a buon mercato.

Insomma, i margini di manovra non ci sono piu’ tanto, ma delle soluzioni certo non mancano…

Se poi a questo quadro, aggiungiamo a mo’ di pensiero laterale serendipico l’ottimo scritto sulla Grande Distribuzione di Tombolini che mi e’ capitato di leggere per puro caso ( via Gianna Ferretti ), e sul quale mi trovo totalmente d’accordo, avrei una domanda…

Come vedi la GD o Grande Distribuzione in tempi di Peak Oil, caro Antonio?
Qualche problema strutturale, almeno…

Possibilita’ pero’ di una maggiore distribuzione verso i Mercati Locali dei Mercati di Scala, probabilmente…
La coda lunga dei Mercati che riequilibria anche l’importanza relativa delle hits, e quindi del principio della Quantita’ sulla Qualita’ .)

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Matteo Brunati

Attivista Open Data prima, studioso di Civic Hacking e dell’importanza del ruolo delle comunità in seguito, vengo dalle scienze dell’informazione, dove ho scoperto il Software libero e l’Open Source, il Semantic Web e la filosofia che guida lo sviluppo degli standard del World Wide Web e ne sono rimasto affascinato.
Il lavoro (dal 2018 in poi) mi ha portato ad occuparmi di Legal Tech, di Cyber Security e di Compliance, ambiti fortemente connessi l’uno all’altro e decisamente sfidanti.


Compliance Specialist SpazioDati
Appassionato #CivicHackingIT


Trento