Questa purtroppo e’ parecchio grossa come notizia:

-> XML, MS ottiene un brevetto chiave

Il brevetto registrato da Microsoft, e approvato dall’USPTO col numero 6.898.604, descrive un metodo per la conversione di oggetti in file XML: metodo che, secondo gli esperti, si trova alla base di quasi ogni applicazione che utilizzi XML per trasferire dati.
Ciò significa che il big di Redmond potrebbe chiedere royalty a un bel po’ di società e sviluppatori indipendenti, rafforzando nello stesso tempo il proprio controllo sullo standard partorito dal World Wide Web Consortium (W3C).

“È un abominio per qualunque programmatore il fatto che ogni possibile modo per convertire un oggetto in un file XML (e viceversa) appartenga ad una sola società”, ha detto a ZDNet UK uno sviluppatore di Debian Linux che si fa chiamare Wookey.
“Microsoft oggi potrebbe chiedere denaro a chiunque voglia salvare un oggetto di programmazione sotto forma di file XML, o addirittura impedirgli di farlo”.

Sembra quasi uno scherzo da quanto sia generico questo brevetto e quanto sia gia’ utilizzato e sia fondamentale: per quelli che vogliono ecco il link all’ufficio brevetti americano per guardare con i propri occhi di che si tratta:

-> XML serialization and deserialization

Questo e’ l’abstract:

An object instance is serialized to a serial format, such as an eXtensible Markup Language (XML) document, based on a mapping between an arbitrary annotated source code file and a schema. The arbitrary annotated source code contains at least one programming type that describes a shape of an object instance and the schema describes a format of a document having a serial format. The mapping defines a correspondence between the shape of the object instance and the format of the document having the serial format.
Subsequently, an object instance is converted to the serial format by converting public properties, public fields and method parameters of the object instance to a document having the serial format based on the mapping. Once the mapping is defined, an XML document can also be converted to an object instance based on the mapping.

Per vedere le reazioni suscitate in giro per la Rete ecco qualche link:

-> Microsoft Patents Under Fire

The patenting strategy employed by Microsoft has come under fire as of late as many professionals have expressed ‘anger’ at a recent patent granted to Microsoft for converting objects into XML. Several commentators have noted that this continues a trend of what is perceived to be a lack of general knowledge about how information technology works exhibited by the U.S. Patent Office.

-> Prior art needed: Microsoft patents XML Serialisation
Persino un dipendente MS ne e’ scioccato:

I can’t believe that there isn’t prior art for this…

E qui la cosa interessante e’ che viene messa in discussione ancora una volta la professionalita’ dell’Ufficio Brevetti americano:

-> Microsoft defends its patents

XML was born as a particular format for data storage. A programming object is made up of data. Where is the patentable ‘innovation’ in using XML for the purpose it’s born for?” said one reader.

Software developer Roderick Klein laid the blame at the door of the US patent office. "**It just seems people who review patents at patent offices seem to have no skill sets at all when it comes to IT... when you see the incredible amount of crap that gets approved**," said Klein.

Sembra tutto troppo folle per esssere vero,no? Mah…

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Il titolo puo’ sembrare strano: tranquilli…

E’ che ho scovato uno speciale molto interessante per le questioni che solleva e visto che in effetti non siamo avvocati, sentire il parere di uno che scrive per il sito InterLex non fa mai male…

AGGIORNAMENTO: in effetti mi sono accorto dopo che questo articolo fa parte del Forum di Interlex aperto fino al 6 giugno, quindi la sua attentibilita’ non dipende strettamente da Interlex stessa… ma e’ pur sempre un ottimo spunto di riflessione e un’ottima occasione per suscitare discussioni su questo tema importante…

L’articolo in questione ha proprio questo titolo:

-> Brevetti software: le ragioni del fronte del “sì”

Ora anche questo documento e’ un po’ lungo da leggere, ma vi assicuro molto interessante e quindi e’ un MUST per sentire da un certo punto di vista un parere legale anche del fronte del si… soprattutto per riuscire a farsi un’idea piu’ chiara della questione…

La cosa maggiormente interessante che ne viene fuori e’ soprattutto il quadro della normativa attualmente in vigore, quella che ha concesso oltre 50.000 brevetti che in teoria sono illegali.. questo e’ quello che avevo sentito…e che pensavo piu’ o meno.. e invece..

La cosa complessa e’ che in realta’ la questione verte tutta su una serie di cavilli tecnici e legati al buon senso dell’Ufficio Brevetti: non e’ che nemmeno adesso la situazione sia cosi’ rosea in effetti e questo e’ proprio uno dei meriti di questo intervento…
Quello che la normativa si intendeva prefiggere era proprio di aumentare la “leggibilita’” di certe norme e regole poco chiare, ma in pratica forse tappa si qualche buco, ma ne apre una valanga in compenso.

Continua a leggere

Ok, siamo alle solite.

La nostra economia ristagna e siamo parecchio in crisi rispetto al resto d’Europa e noi cosa facciamo? Ci buttiamo sui brevetti per salvarci…

Confindustria dice si ai brevetti:

[…]

Diverse sono le soluzioni prospettate per favorire la ripresa dell’economia italiana. Esse si concentrano tuttavia su un unico punto: incentivare l’innovazione di prodotto, processo e servizio, **stimolando gli investimenti in R&S.
**

[…]

Per spingere le imprese ad investire in R&S occorre però creare incentivi. L’incentivo principale è in questi casi costituito dalla possibilità, non solo di recuperare l’investimento iniziale, ma di realizzare profitti. Ciò che è possibile soltanto riconoscendo alle imprese il diritto di sfruttare in via esclusiva, per un determinato periodo di tempo, il frutto della propria attività innovativa.

I diritti di proprietà intellettuale e, in maniera particolare, i brevetti servono proprio a questo scopo e costituiscono un importante strumento di sviluppo e di crescita per le imprese, soprattutto le PMI, che, per mezzo di essi, possono ottenere un consolidamento dei propri vantaggi di business (quando questi siano basati su qualità e fatti tecnici) non altrimenti conseguibile.

Ora intanto il nostro settore R&S e’ sempre stato piccolo, gli investimenti non son visti di buon occhio e il ricorso alle nuove tecnologie ancora meno… e’ colpa della nostra mentalita’ e di paura fose di rischiare…

E poi non contiamo che i grandi hanno risorse, mentre i piccoli e’ difficile che investano nella ricerca… e il Nord almeno ha la maggioranza di piccole industrie…

Le imprese italiane vedono pertanto con favore una direttiva di armonizzazione in materia di brevettabilità delle invenzioni realizzate per mezzo di elaboratore, che si proponga di eliminare le ambiguità ed incertezze derivanti dall’adozione di diverse prassi interpretative da parte degli uffici brevetti degli Stati Membri e di rendere così certo l’ambito di applicazione della protezione.

Mentre il cuore e’ questo:

Pur rimanendo il software non brevettabile di per sé, la tutela diretta del software in quanto attua, e in subordine a, invenzioni brevettabili di prodotto o processo, costituisce un elemento importante per lo sviluppo di nuove tecnologie.
Si pensi, per citare soltanto uno dei possibili esempi, alla sempre più frequente convergenza tra informatica e telecomunicazioni che rende possibile lo sviluppo di nuove architetture di rete e quindi l’offerta di soluzioni tecniche innovative che corrispondono ad esigenze del mercato che non hanno ancora trovato risposta.

Ora il problema e’ che ne ho gia’ discusso, ma la chiave di tutto e’ il concetto che per la nostra realta’ passare ai brevetti sarebbe dannoso a dir poco: le nostre software house sono niente rispetto alle grandi multinazionali e verrebbero assorbite o distrutte da questo sistema…

Maggiori riferimenti li trovate come al solito qui:

-> No Software patents ( it )

Vediamone alcuni passi, “La bugia dell’innovazione“:

I brevetti vengono sempre equiparati all’innovazione. Ancora peggio, un incremento nel numero di brevetti detenuti o assegnati ad un’organizzazione, paese o regione viene visto come un incremento dell’innovazione.

Se un governo dicesse che è in pieno boom economico solo perchè ha coniato più moneta, la gente se ne accorgerebbe subito a causa della crescita dell’inflazione. Se un governo dicesse che sta costruendo nuove strade, la gente vorrebbe sapere quanti km di nuove strade sono stati costruiti, e non si accontenterebbe di un incremento del numero di cartelli di divieto.
[…]
Come un governo può facilmente coniare nuovo denaro, non ci vuole molto ad inflazionare il registro dei brevetti. Il metodo più semplice per ottenere più brevetti è di abbassare gli standard minimi per un brevetto.
E’ esattamente quello che sta accadendo dappertutto nel mondo negli ultimi anni. Ed è un fenomeno di così vaste proporzioni che, se l’equazione tra brevetti ed innovazione fosse corretta, dovremmo avere economie fiorenti dappertutto. Come sappiamo, sfortunatamente, le cose non stanno così.

Ecco quello che dice Deutsche Bank Research:

“Uno potrebbe essere tentato di considerare regimi di protezione sulle proprietà intellettuali ancora più rigidi per fornire ancora più stimoli all’innovazione. Questa è una condizione sbagliata, comunque. Un primo esempio è quello dei brevetti software, che a prima vista possono essere visti come una logica estensione del classico brevetto tecnologico. Ma creare software differisce in modo marcato dal creare macchinari e simili.”

O ancora

Uno degli errori peggiori è quello di confrontare aziende, paesi o regioni sulla base del numero di brevetti.

[…]

Sotto queste pressioni finiscono con l’abbassare gli standard ed estendere il concetto di brevettabilità anche a campi dove questa non sarebbe applicabile, specialmente al software.

[…]

L’aumento del numero di brevetti non è un metro sensato perchè chiunque può ottenere un simile risultato se gli standard sono sufficientemente bassi.

[…]

I brevetti scoraggiano l’innovazione in alcuni settori.
Se tu (come persona o come azienda) investi tempo e denaro nello sviluppo di un prodotto, allora devi avere la certezza di poterlo infine commercializzare. Col sistema di brevetti non saprai mai se qualcuno ha già brevettato una determinata idea, o la registrerà mentre tu stai lavorando sul tuo prodotto.
Nel caso peggiore finirai per non poter commercializzare il prodotto sol perchè qualcun altro è arrivato per primo all’ufficio brevetti. Chiaramente tutto questo rende molto meno appetibili gli investimenti nell’innovazione tecnologica.

E quando Confindustria dice che passare alla tutela dei brevetti software difendera’ gli investimenti e la qualita’ italiana ha mai pensato agli accordi tra i grandi che non si interessano del proprio Paese?

E’ interessante notare che gli stessi che utilizzano i brevetti come indice di innovatività e competitività non si preoccupano degli accordi di cross-licensing.
Il governo tedesco si vanta che la propria economia sia il “campione europeo dell’innovazione” per il numero elevato di richieste di brevetto.
Nessuno però si è preoccupato quando Siemens (che è il maggior detentore di brevetti in Europa) ha annunciato un accordo di cross-licensing sotto il quale Microsoft ha accesso a tutti i brevetti di Siemens e viceversa. Se veramente qualcuno vuole farci credere che i brevetti siano punto cruciale dell’innovazione e della competitività, allora questo stesso qualcuno dovrebbe protestare contro il trasferimento del più grande deposito dell’inventiva tedesca ad una grande compagnia americana.

Non e’ certo cosi’ che si aiuta ad investire: bisogna facilitare e incentivare gli investimenti e aiutare a far rischiare le aziende e le idee che meritano…

Per non parlare poi delle piccole imprese…
-> PMI (Piccole e Medie Imprese)

C’e’ un altra mobilitazione programmata per il 2 giugno a Bruxelles, maggiori info qui.

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Matteo Brunati

Attivista Open Data prima, studioso di Civic Hacking e dell’importanza del ruolo delle comunità in seguito, vengo dalle scienze dell’informazione, dove ho scoperto il Software libero e l’Open Source, il Semantic Web e la filosofia che guida lo sviluppo degli standard del World Wide Web e ne sono rimasto affascinato.
Il lavoro (dal 2018 in poi) mi ha portato ad occuparmi di Legal Tech, di Cyber Security e di Compliance, ambiti fortemente connessi l’uno all’altro e decisamente sfidanti.


Compliance Specialist SpazioDati
Appassionato #CivicHackingIT


Trento