Oggi su Punto-Informatico appare una lunga risposta ai punti piu’ controversi del famoso atteggiamento di Confindustria nei confronti dei brevetti software…

Una cosa fa pensare: se sono cosi’ palesemente nocivi e se noi non esportiamo software, perche’ cavolo le grandi industrie li vogliono, hanno i paraocchi? Se passano non penso se la vedano bene nemmeno loro, dato che IMPORTIAMO software per lo piu’….

Mah…

Alcuni stralci, ma vi consiglio caldamente di leggerlo tutto, merita…
E’ ben scritto e fluido e pur essendo un po’ lungo e’ nostro dovere capire queste cose e diffonderle… per non doverci pentire a breve…

Confindustria dimentica le multinazionali che già detengono centinaia se non migliaia di brevetti software oltreoceano e che non vedono l’ora di poter usare tali brevetti anche in Europa. E quali accordi di licenza incrociata una PMI italiana/europea puo’ ottenere con un colosso che possiede 100, 500 o migliaia di brevetti software? È molto probabile anzi che un qualunque software sviluppato dalla PMI in Europa infranga almeno uno se non più dei suddetti brevetti software d’oltreoceano

Oppure ancora…

Quindi, in realtà, attualmente **sono le imprese europee ad avere un vantaggio competitivo verso quelle USA o giapponesi **(dove i brevetti sul software sono concessi) ed è questo il motivo per cui ci sono grandi pressioni di multinazionali per introdurre la brevettabilità del software anche in Europa: lo scopo vero è dare vantaggio (ma loro la chiamano competitività) a chi già di brevetti ne ha già molti.

Passiamo al brevetto in se’…

I brevetti sul software porterebbero a una situazione similmente assurda come in questo esempio: se le idee dei libri fossero brevettabili, in breve tempo nessun autore scriverebbe più libri, perché nel giro di poco tempo ogni nuovo libro infrangerebbe almeno un brevetto.

Con i brevetti sul sofware accadrebbe qualcosa di simile:** in breve tempo nessuno sarebbe tranquillo che il proprio software non violi neanche un brevetto: d´altra parte verificarlo sarebbe estremamente costoso e assolutamente al di fuori delle possibilità di qualunque PMI europea**. Dimostrare di aver “copiato” un brevetto è inoltre deciso solitamente in tribunale: estremamente costoso per una PMI. Dove vanno a finire dunque gli investimenti in R&S?

Il motivi per cui accade ciò è che nel software capita molto spesso che autori differenti trovino soluzioni uguali o simili per gli stessi problemi: ma questo non vuol dire che uno abbia copiato l’altro: è estremamente semplice violare un brevetto sul software essendo assolutamente in buona fede. È così a causa del particolare modo di lavorare, tipico nel mondo informatico.

In conclusione: i brevetti bloccano l´innovazione tecnologica dei beni di natura immateriale. È per questo motivo che le legislazioni di tutto il mondo hanno deciso di tutelare questo prodotto con le leggi sul copyright.

Questo e’ un punto MOLTO importante, visto che nel futuro il guadagno dalle licenze sara’ sempre minore rispetto ai servizi… ovviamente tranne per Microsoft e simili… fino a che dura

Questa mentalità del guadagno vendendo il software “un tanto al kg” è una visione che non corrisponde alla realtà sul campo: essa fa riferimento a una mentalità di mercato vecchia, di chi proviene dall’economia tradizionale basata sulla compravendita di oggetti materiali.

Oggi, chi fa soldi con il software non lo fa solo vendendo programmi applicativi e stringhe di istruzioni, ma fornendo servizi ad alto valore aggiunto: e questo non solo è vero per le PMI, ma anche per le grandi multinazionali: basta vedere i bilanci di IBM, Sun, Oracle in cui una buona parte del fatturato non proviene tanto dalla vendita di licenze, ma soprattutto dall’assistenza e altri servizi. In questo scenario fa eccezione solo Microsoft, che però si trova in una situazione di assoluto monopolio, tra l’altro già contestato dalla stessa UE.

E l’Europa come competitivita’ che fine farebbe? Vediamo:

ottenere partecipazioni nelle imprese (diverse dalla propria) che fanno uso delle proprie tecnologie brevettate (o di altri diritti di proprietà intellettuale).
Una situazione di questo tipo è estremamente pericolosa in Europa: abbiamo già visto che la gran parte dei brevetti sul software sono già registrati e validi in Giappone ed USA e questo da un vantaggio enorme a queste compagnie nel momento in cui “sbarcano” in Europa con i loro brevetti: la conseguenza è che molte PMI europee saranno assorbite, controllate e conseguentemente chiuse, qualora vengano avvertite come concorrenti dalle grandi aziende.

Le aziende europee dovrebbero aspettare molto tempo prima di vedersi riconosciuti i propri brevetti (sempre che non siano già cose brevettate!), quelle extraeuropee invece li avrebbero immediatamente riconosciti, in virtù dei trattati internazionali.

Non vediamo poi le cosiddette ambiguita’ volute nella legge e nell’uso dell’ufficio brevetti europeo che e’ privato ( questa non la sapevo… )

Pur rimanendo il software non brevettabile di per sé, la tutela diretta del software in quanto attua, e in subordine a, invenzioni brevettabili di prodotto o processo, costituisce un elemento importante per lo sviluppo di nuove tecnologie.

Abbiamo già ampiamente spiegato quanto questo non sia vero. Il punto è che non è chiaro cosa sia “una invenzione brevettabile di prodotto o processo”. Sappiamo tutti che il software elabora informazioni. Queste elaborazioni possono essere utilizzate per un prodotto o un processo. Se il software in quanto elaboratore di informazioni non è brevettabile, perché dovrebbe esserlo nel momento in cui viene utilizzato per un prodotto o un processo? Chi pone questo limite? Cosa definirebbe esattamente cosa è brevettabile e cosa non lo è?

Secondo il testo dell’attuale direttiva, non viene adeguatamente chiarito questo limite. Non è un testo legislativo chiaro: la discrezionalità in questo ambito verrebbe demandata all’Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) che notoriamente è portato a brevettare piuttosto che a non farlo (in quanto questo accresce la sua attività, controllo e presitgio).

Ricordiamo inoltre che l’ EPO è una società privata e non appartiene alle istituzioni europee! Questa è una ulteriore distorsione del sistema giuridico perché non garantisce neutralità verso la società. È ragionevole pensare che l’EPO sia più incline ad accogliere le pressioni di indirizzo generale “suggerite” da poche grandi aziende (anche non europee) piuttosto che da tante piccole aziende (tipicamente europee) in quanto le prime sono notoriamente più efficaci nelle attività di lobbying.

Non parliamo poi della brevettabilita’ dei protocolli: un incubo pazzesco e un blocco totale delle tecnologie.. una follia espressa su carta, incredibile… ma chi sono i consulenti che appoggiano tali affermazioni?

Al contrario la brevettabilità di queste “architetture” o “protocolli” o “interfacce” sarebbe una limitazione alla loro diffusione stessa: nell’informatica le architetture ad esempio di maggiore successo sono quelle che si diffondono di più: se l’idea su cui si basa tale architettura viene brevettata, questa idea non si diffonderà e verrà meno impiegata di quanto lo sarebbe senza brevetto.

Che dire poi della brevettabilità del protocolli ? Essi sono le regole con cui i programmi si scambiano informazioni. Brevettarli significa per tutta la società, ipotecare per sempre le proprie informazioni nelle mani di un’unica azienda: dare cioè a questa il controllo sull’informazione: sarebbe una grave mancanza strategica permettere ciò da parte di una classe dirigente

Ecco come lavorare meglio con i brevetti…

Brevettare questo genere di idee significa che ogni volta che a un tecnico viene in mente un’ idea (praticamente una volta al giorno nel lavoro quotidiano), deve prima verificare che non sia brevettata! Significherebbe praticamente impedirgli di lavorare in condizioni normali.

Come si potrebbe accusare qualcuno che usa queste idee di aver violato un brevetto? La realtà è che se un’ idea è brevettata non vuol dire necessariamente che sia innovativa.

Vogliamo parlare di una delle caratteristiche dell’azienda Italia? Altro che competitivita’ con i brevetti…

E che dire, poi, delle microimprese?
Ci sono decine di migliaia di imprese piccole e piccolissime che operano nel settore ITC e del software, a volte solo liberi professionisti con al massimo qualche collaboratore: se per le PMI è difficile e gravoso accedere al sistema dei brevetti, per loro è praticamente impossibile solo iniziare a pensare al problema brevetti.

Anzi… sia PMI che liberi professionisti potranno essere attaccati (e ricattati) ogni qualvolta venga loro solo minacciata la possibilità di dover andare in tribunale a difendersi contro l’accusa di aver violato un brevetto: infatti i costi di queste cause sono così elevati che semplicemente il fatto di doversi difendere può definitivamente stroncare una piccola azienda.

Questo e’ un documento chiaro e completo, con esempi piu’ che comprensibili: speriamo che venga ascoltato…

Riferimenti:

-> Brevetti/ Confindustria? Sbaglia tutto

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Ho appena scovato un tool molto bello per giocare su due temi fondamentali del Web:

  • utente
  • interattivita’

Si chiama Co-link
In pratica cos’e’:

The creative and associative personal reading does not reflect back on the text being read.Co-link project, conceived by Alex Primo and programmed by Ricardo Araújo, aims to surpass those limits, fostering the participatory creation of hypertexts.

This technology was developed with the objective of letting any interactant create new associative links in a pre-existent text and/or add new destinations to a previous link.

L’idea e’ quindi di riuscire ad inserire un tool automatico a lato server in modo da facilitare l’inserimento di link correlati ad un link pre-esistente non solo dal creatore della pagina web, ma anche e SOPRATTUTTO dai suoi lettori…

In pratica quello se volete che possono fare i wiki ma in modo piu’ semplice e piu’ determinato…

Le differenze rispetto ai link “normali” potrete leggerle qui:

-> Conventional links and links with co-link technology: a comparison
Qualche estretto interessante e’ questo:

Links may be edited by any interactant. Hypertextuality is opened to collective writing.
E questo e’ positivissimo, a mio parere…

Come tutto questo possa sposarsi con RDF lo vedremo: chi vuole puo’ iniziare a scrivere qualche idea…

Intanto vediamo gli usi siggeriti dal sito stesso:

Co-links technology could contribute for what George Landow calls the blurring of the frontier between reader and writer in Web. The author’s power would be shared with the page visitors, as an invitation to collaboration. Taking this for granted, and considering Steven Johnson’s argument that hypertext follows a centrifugal path — pushing readers away—, it could be now pointed that co-links technology could stimulate a centripetal movement, attracting the collective inclusion of new pointers.
t is supposed that this system could be of particular interest to educational and research projects and to the so-called virtual communities

Per i dettagli tecnici e’ un software GPL basato su PHP e MySQL….

Riflessioni sulla Rete

Vedere l’utilita’ e la bellezza di un tool del genere mi rende ottimista: qualcuno per fortuna ancora c’e’ che usa le potenzialita’ della Rete

Quello che a volte dimentichiamo e’ proprio questo: la Rete vince perche’ in realta’ e’ una Rete fatta di persone e questo periodo dove la tecnologia inizia a far vedere quello che puo’ aiutare nelle “reti sociali“ e’ qualcosa di magico…
Iniziare a lavorare per creare tools sempre piu’ semplici e intuitivi per “interagire” con i contenuti ci portera’ davvero avanti in modi tutt’ora nemmeno immaginabili.

E soprattutto mai dimenticare una cosa che i media tradizionali sono portati a farci pensare: la forza della Rete sta tutta nella sua decentralita’ e nel fatto di rendere importante la “periferia”, cioe’ di far sentire la voce anche ai piccoli nodi…

Quello che stanno cercando di inculcarci anche con la banda larga e’ invece di centralizzare questo mezzo e togliere il potere ai nodi creando una simil-tv sempre meno interattiva: maggiormente controllabile e meno democratica, se vogliamo…

Su questo tema ci tornero’ sicuramente, ma e’ fondamentale capire che la Rete si fonda sulla nostra interazione e facilitarne l’accesso e l’uso anche ai non addetti e’ compito primario di noi tecnici.

Su questi temi per chi volesse approfindire il sito di Gandalf fa proprio al caso vostro: troverete delle vere e proprie perle di saggezza, ve l’assicuro :)

Mai dimenticare che la Rete e’ fatta di persone, le tecnologie impiegate sono il mezzo e non il fine…

Riferimenti:

-> Co-links

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Ieri pomeriggio ho deciso che era tempo di aggiornare la mio distro…

e valutati i rischi ho deciso di provare.

Era una cosa che non ero mai riuscito a fare con le distro che usavo anni fa, RedHat in primis: l’aggiornamento non era stabile e conveniva fare una re-installazione da zero…
Da quando sono passato a Debian sul mio server invece uso la unstable e non sono ancora uscite nuove versioni quindi la potenza di APT in questo senso non l’avevo ancora provata…

Ma ieri ho deciso di fare il grande passo e tranne qualche errore che poi rifacendo l’upgrade veniva risolto tutto e’ andato bene: una cosa pazzesca vedere aggiornare tutto il sistema e nessun riavvio…

Il sistema ogni tanto chiede dei files di configurazione ma volete mettere windows? E poi con un aggiornamento del genere ho aggiornato anche tutte le applicazioni installate, una cosa che con Windows e’ impossibile per via delle licenze…

Avendo l’ADSL il fatto di aver scaricato quasi 600MB di materiale non e’ stato un problema, tanto piu’ che si filava a 150KB/s :)

Insomma una procedura a pieni voti che perfino all’utente inesperto una volta data qualche dritta dovrebbe essere in grado di fare perfettamente…

UBUNTU si sta rivelando veramente ottima, aggiornata e semplice da mantenere: che sia la volta buona per conquistare il desktop una volta per tutte?

Maggiori info per la comunita’ italiana qui:

-> http://www.ubuntuitalia.it/

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Matteo Brunati

Attivista Open Data prima, studioso di Civic Hacking e dell’importanza del ruolo delle comunità in seguito, vengo dalle scienze dell’informazione, dove ho scoperto il Software libero e l’Open Source, il Semantic Web e la filosofia che guida lo sviluppo degli standard del World Wide Web e ne sono rimasto affascinato.
Il lavoro (dal 2018 in poi) mi ha portato ad occuparmi di Legal Tech, di Cyber Security e di Compliance, ambiti fortemente connessi l’uno all’altro e decisamente sfidanti.


Compliance Specialist SpazioDati
Appassionato #CivicHackingIT


Trento