A settembre 2017 la comunità di Spaghetti Open Data (detta, in amicizia, SOD) ha compiuto sette anni. Tanti? Pochi? Davvero non lo so. Nel libro sul civic hacking in Italia a cui stiamo lavorando io ed Erika, abbiamo riservato un po’ di pagine proprio alla comunità di Spaghetti, alla sua la storia e a come è cambiata nel tempo. Qui voglio condensare un po’ di dati, un piccolo bignami in vista di MERGE-it, il ritrovo che ci sarà il 24 marzo a Torino.
SOD è stata, prima di tutto, un caos creativo: un insieme informale di persone, che ha vissuto alti e bassi, diventando una parte importante del panorama italiano sul civic hacking. Questa comunità è stata in grado di interpretare un momento storico (l’introduzione degli Open Data in Italia) e cerca sempre se stessa, soprattutto oggi.

Se non hai nessuna alba di cosa sia Spaghetti Open Data, ti rimando alle slide che ho usato nel giugno 2016 per la conferenza OpenGeoData Italia.


Alcuni numeri sulla comunità di Spaghetti Open Data

Questi sono dati aggiornati al 10/3/2018.


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Mentre procede il lavoro attorno a #CivicHackingIT, mi è capitato di rileggere il capitolo conclusivo del libro “Beyond Trasparency”, da cui estraggo questo passaggio:
(i grassetti sono miei)

To address […] and realize future opportunities, a key lesson from these narratives must be taken to heart. Data is at best a tool—sometimes a blunt one—and tools are only as good as their operators. The open data movement must look not only beyond transparency as an end goal, but beyond any single constituency as operators. “How to open data” is not only a question for governments, and neither is “what to build with it” one for civic startups. New York City has pioneered some of the most impressive applications of data analytics, while BrightScope has opened up millions of rows of data. The Smart Chicago Collaborative, Philadelphia’s Chief Data Officer, and SmartProcure have all used data to advance policy reform. Civic hackers and journalists have played a critical role in making data more meaningful and available.


There are countless other examples—many detailed in this anthology—of unexpected open civic data operators from all facets of our society. In this way, open data has served to blur the lines between our public and private lives, to reconnect the consumer, citizen, and civil servant. When looking ahead, this may be part of open data’s greatest legacy: the emergence of a new kind of connective tissue that enables us to create governments of the people, by the people, that work in the 21st century.

Pur essendo stato scritto nel 2013, è un passaggio ancora molto attuale: anzi, forse è un elemento chiave che serve riprendere. Per noi (io ed Erika intendo) quel tessuto connettivo è andato ben oltre l’Open Data e ha preso le spoglie di quella pratica conosciuta come civic hacking.

Ma cosa diamine è davvero il civic hacking?

Avevo accennato qualcosa nel post precedente, citando un breve video della Sunlight Foundation: questa volta parliamo dell’intervento al TED di Catherine Bracy, “Why good hackers make good citizens“, datato settembre 2013.

Ho inserito la versione sottotitolata in italiano, così è più semplice da seguire. Estraggo alcune parti dalla trascrizione in italiano:

L’hacking è una qualsiasi innovazione amatoriale su un sistema esistente, ed è un’attività profondamente democratica.
Si tratta di pensiero critico. Si tratta di mettere in discussione il modo comune di fare le cose. È l’idea che si vede un problema, si lavora per sistemarlo, e non ci si lamenta soltanto.

[…]

Ma prima di farvi qualche esempio di quelli che sono strumenti di hacking civico, voglio mettere in chiaro che non dovete essere programmatori per essere hacker civici. Dovete solo credere di poter portare gli strumenti del 21esimo secolo per sostenere i problemi che affronta il governo.

Il civic hacking in Italia, secondo Google: una timeline che lo racconta

Dall’intervento di Catherine Bracy potrebbe sembrare che queste cose accadano ovunque tranne che in Italia. Combattere questa sensazione è uno dei motivi per cui abbiamo scelto di scrivere il libro: che il civic hacking sia possibile solo all’estero è una leggenda metropolitana. Anche in Italia se ne fa e se ne è fatto molto (e se ne parla almeno dal 2010).

Ed ora la prima domanda: se è vero che si parla anche in Italia di civic hacking, come se ne parla e come se ne è parlato in questi anni?

Partiamo dalle ricerche correlate che Google propone quando cerchiamo “civic hacking” italia:

Ricerche correlate a civic hacking italia: civic hacking definizione, civic hacking wikipedia, civic hacker, civic hacking significato, crowdfunding civico, data journalism, open government

Ci sono tre gruppi semantici in questi 7 elementi:

  1. ricerche correlate al significato e alla definizione di civic hacking (“civic hacking definizione”, “civic hacking wikipedia”, “civic hacking significato”);
  2. il ruolo della persona che fa civic hacking, ovvero il “civic hacker“;
  3. ambiti di applicazione conosciuti del civic hacking, come il data journalism, l’Open Government e il crowdfunding civico.

Ma la domanda rimane ancora aperta: come si parla di civic hacking e come se ne è parlato in questi anni? Continua a leggere

Io ed Erika stiamo scrivendo un libro a quattro mani, dal titolo “Civic hacking: comunità informali, prototipi e Open Data“. Io con il cappello da tecnico, un passato strano, denso di tecnologia, comunicazione e attivismo; Erika laureata in filosofia e profonda conoscitrice delle scienze umaniste che sopporta uno come me, anche nella vita (ah giusto, siamo sposati eh :)).

Abbiamo scelto di rendere pubblico questo progetto al raduno di OpenDataFest, che si è svolto il 2 giugno a Caltanissetta, sia perché ci sembrava giusto lanciarlo nella nostra comunità di appartenenza, sia perché volevamo osservare dal vivo il tipo di accoglienza che avrebbe avuto la nostra proposta. E devo dire che l’accoglienza è stata davvero calorosa! Ecco un paio di tweet:

Abbiamo realizzato un sito ufficiale per il libro: è un buon punto di partenza per capire di cosa stiamo parlando e per restare aggiornati sul progetto, assieme all’hashtag #CivicHackingIT.

Il sito civichacking.it

Prima di andare avanti, tre cosette da non dimenticare in merito al progetto:

  1. fino al 31/7 c’è una raccolta di contributi scritti, una specie di call for contributors: non vogliamo scrivere un libro astratto e teorico, ma vogliamo esperienze dirette e storie di civic hacking che aiutino a far capire il potenziale e la fatica di quello che si può fare. Ci sono delle linee guida da seguire e una breve form da compilare (ci sono tutti i dettagli nel sito);
  2. campagna di crowdfunding: lanceremo una campagna per aiutarci in questo sforzo titanico. C’è la form a cui iscriversi per essere poi avvertiti sui dettagli.
  3. newsletter #CivicHackingIT: sabato 8/7 lanceremo la newsletter settimanale #CivicHackingIT. Digital Update è la nostra newsletter preferita, quella che apriamo più spesso. Per #CivicHackingIT vogliamo fare qualcosa di simile e raccogliere i link più interessanti sull’argomento civic hacking in italiano (con occasionali spunti in inglese) più alcuni aggiornamenti sul progetto del libro. Sarà un modo per condividere tutto il materiale che riterremo interessante. Compila pure il form che trovi a questo link http://eepurl.com/cUKXyH, non te ne pentirai (odiamo lo spam, Continua a leggere
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Matteo Brunati

Attivista Open Data prima, studioso di Civic Hacking e dell’importanza del ruolo delle comunità in seguito, vengo dalle scienze dell’informazione, dove ho scoperto il Software libero e l’Open Source, il Semantic Web e la filosofia che guida lo sviluppo degli standard del World Wide Web e ne sono rimasto affascinato.
Il lavoro (dal 2018 in poi) mi ha portato ad occuparmi di Legal Tech, di Cyber Security e di Compliance, ambiti fortemente connessi l’uno all’altro e decisamente sfidanti.


Compliance Specialist SpazioDati
Appassionato #CivicHackingIT


Trento