Questa è la seconda parte della presentazione che abbiamo fatto Erika ed io per il talk portato al WordCamp Verona 2019: se non hai ancora letto il pezzo di Erika sulla prima parte, dovresti farlo, altrimenti si rischia di non capire molto :-)

Cito l’ultima parte dove Erika mi introduce, così rientriamo in pieno nell’atmosfera:

Adesso che vi ho spaventati con una cosa tecnica, vi lascio a Matteo che vi porterà un po’ più a fondo nella tana del Bianconiglio, raccontandoci di WordPress come strumento di identità territoriale, come strumento per mettere insieme cose diverse e come strumento per creare relazioni.

Prima di continuare, la risposta a una domanda che ci hanno fatto almeno un paio di persone: molte delle illustrazioni inserite nelle slide sono di Sir John Tenniels e sono tratte da una edizione illustrata del 1865 di Alice nel Paese delle Meraviglie. Abbiamo potuto usarle così facilmente perché oggi si trovano in pubblico dominio su Wikimedia Commons (via John Tenniel).



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Oltre a generare dati, WordPress può dare visibilità alle comunità che sono interessate (o legate) ad un territorio. Non dovrebbe stupirci: se pensiamo agli anni di maggior rilevanza della blogosfera italiana (tra il 2006 e il 2008, anno più, anno meno), il blog era lo strumento che dava voce a chi non l’aveva attraverso i media tradizionali. Era lo strumento scelto da chi faceva citizen journalism, una forma di giornalismo nata dal basso. Pensiamo ai quartieri di una grande città: i suoi abitanti potevano utilizzare un blog collettivo per raccontare il proprio punto di vista del territorio. Spesso, erano voci che non venivano raccontate nemmeno dai quotidiani locali, perché condividevano storie difficilmente notiziabili.
Altro aspetto da non dimenticare è la potenza di aggregazione dei contenuti di blog diversi grazie alla libertà data dai flussi RSS. Questa è una possibilità che non va dimenticata, specie oggi nell’era dei social media. È un modo per uscire dai mondi controllati di questi canali che permette di gestire degli spazi dove non sottostare a regole (anche editoriali) decise da altri. Il tessuto sociale territoriale ha delle possibilità inespresse su cui vale la pena riflettere. Specie per quanto riguarda le comunità di prossimità.


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In questa slide vi parlo di un’esperienza in cui ho usato WordPress per raccontare un processo di urbanistica partecipata. Nella primavera del 2012 ho dato una mano ad alcuni architetti in un processo di partecipazione che doveva raccogliere le aspettative e i desideri della cittadinanza di Vicenza, all’interno del quartiere San Pio X, un quartiere un po’ complicato per la presenza di un enorme carcere.
Avevo scoperto che esisteva una potenzialità inespressa nella gestione di questi processi di partecipazione. Non si sfruttava al massimo la Rete per la condivisione di tutti quei materiali che emergevano nel corso del processo e non era facile capire quale fosse il racconto collettivo che stava emergendo dal processo. In parole più semplici, ho configurato un blog di progetto. Ho usato WordPress come piattaforma per il blog ed un tema che fosse in grado di rendere molto visibile la navigazione temporale della fasi del percorso partecipativo. L’obiettivo era condividere tutti i materiali che venivano prodotti durante tutto il percorso partecipato il più velocemente possibile: volevamo potenziare la partecipazione della cittadinanza, aiutando anche chi non riusciva ad essere presente agli incontri fisici.
Oltre a questo, ho sfruttato lo strumento delle timeline per raccontare in modo diverso il percorso di partecipazione. Raccogliere e visualizzare la partecipazione in questo modo ha permesso anche ai partecipanti di avere uno sguardo d’insieme sul percorso che stavamo facendo. I materiali di questo percorso furono rilasciati in Open Data per permettere anche a esperienze successive di non partire da zero.


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Essere civici può sembrare qualcosa di astratto, ma non è che ci alziamo la mattina con il pensiero “oggi voglio fare qualcosa di civico”. In realtà, quello che importa a tutti noi è risolvere un problema che sentiamo vicino, qualcosa che non ci permette di dormire bene la notte (questa frase l’ho rubata a Giulio Quaggiotto - @gquaggiotto, non è mia). A volte, è una questione che vogliamo far emergere e su cui chiedere aiuto, magari usando un sistema di petizioni online. L’amministrazione Obama aveva creato un servizio di petizioni per raccogliere in maniera pubblica le istanze della cittadinanza e metterle in relazioni diretta con la Casa Bianca: si chiamava We The People.
In una delle giornate nazionali dedicate agli hackathon civici, un’azienda ha sviluppato un plugin per WordPress che si integrava con il servizio delle petizioni e rendeva più semplice la discussione attorno ad una singola petizione (mostrando i numeri delle firme raccolte in tempo reale, ad esempio). WordPress era stato scelto come mezzo per supportare una maggior diffusione delle idee e delle richieste presenti in We The People. Ogni persona che aveva un blog su WordPress poteva installare questo plugin e contribuire alla discussione collettiva su una o più petizioni che riteneva più interessanti.


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Insomma, avrete capito dove vogliamo arrivare: WordPress permette di mettere assieme cose diverse, basta sapere che si può fare. Un po’ come si vede nell’immagine: una sinergia di due oggetti del tutto inattesa. Un’audiocassetta a nastro trasformata in un dispositivo USB. Nel concetto di ‘civic hacking’ di cui ha parlato Erika poco fa, mi piace riprendere un’idea che è stata attribuita a Pareto (ma non so se è vero):

creatività è trovare nessi nuovi tra cose note

Ecco, questo è quello che possiamo fare se siamo in grado di immaginarlo.


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Mettere assieme che cosa? Bè, prima Erika vi ha accennato le API. Di formazione sono un informatico, anche se non programmo da una vita e mezza, quindi capisco di cosa stiamo parlando. Un’API è un modo di interagire in maniera del tutto automatica tra un software ed un altro. Spesso viene definita una comunicazione da macchina a macchina (machine to machine). E cosa c’entrano le API con WordPress? Molto. Dal dicembre 2016 (dalla versione 4.7 di WordPress, per essere precisi), WordPress ha integrato al suo interno un sistema di REST API che permette il dialogo con qualsiasi altro sistema in maniera indipendente dai linguaggi di programmazione usati o dagli ambienti utilizzati. È possibile perché si parla un linguaggio standard: è un modo per superare i limiti delle scelte tecnologiche con cui è sviluppato WordPress (il linguaggio PHP in primis). Ci si può davvero concentrare su tutto quello che si può fare adesso.


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Oltre alle API, che permettono di far dialogare WordPress con sistemi del tutto diversi, ci sono anche gli Open Data che possiamo usare per mettere un po’ di più le mani in pasta. Intanto, vediamo un po’: quanti di voi conoscono gli Open Data? (a questo punto si sono alzate un sacco di mani).
Ve lo dico in due parole: si tratta di dati che sono rilasciati con una licenza che permette il riuso, anche commerciale, in totale libertà. Possono esserci al massimo due condizioni: la necessità di attribuire la fonte del dato e di condividere allo stesso modo il lavoro che si sta integrando con quei dati. Un po’ come il vincolo virale delle licenze del software libero. Sfatiamo un mito: gli Open Data non sono soltanto quelli che pubblica la Pubblica Amministrazione. Possono essere creati e distribuiti anche dalle comunità (come quelli di OpenStreetMap, la wikipedia delle mappe creata in maniera collaborativa) o dagli attori privati.

Nel caso di Wordpress, esistono dei plugin che aiutano la creazione di dati tabellari che possono essere scaricati con un paio di click: se aggiungiamo i dettagli della licenza, allora WordPress potrebbe essere usato per condividere Open Data, anche se in maniera non ottimale. Ma può essere usato anche nella direzione contraria: non per pubblicare Open Data, ma per raccogliere feedback sui dati già pubblicati (un po’ come per le petizioni della Casa Bianca). L’amministrazione Obama aveva pubblicato un plugin per WordPress (Kickstart) che interrogava via API il portale data.gov (il portale con tutti gli Open Data degli Stati Uniti), mostrava i dataset presenti nel sito e permetteva ai visitatori del sito che stava usando il plugin di votare i dataset.


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E qui riprendo l’esperienza di E tu cosa ci vedi come esempio pratico delle potenzialità di WordPress nell’aggregare dati generati da tanti attori diversi. Nell’immagine si vede una mappa di Vicenza, della zona del quartiere San Pio X. La mappa è una raffigurazione gestita da un plugin che avevo installato, che mi aveva permesso di usare un layer di OpenStreetMap come base e di aggiungerci alcuni dati che raccontavano le esperienze emerse nel corso di una passeggiata urbana, ad esempio posti del cuore, punti problematici e luoghi di aggregazione. La facilità del plugin mi ha permesso di concentrarmi nei dettagli dei dati e non sul come renderli disponibili attraverso una mappa. Tra l’altro, se ci fosse stato abbastanza tempo, avrei potuto creare degli utenti per i cittadini, mostrare loro come creare i dati georiferiti nella mappa e vedere cosa avrebbero raccontato, in autonomia.


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Siamo quasi arrivati in fondo alla tana del Bianconiglio. Ho raccontato alcuni spunti su come WordPress sia uno strumento di identità territoriale e come sia uno strumento per mettere insieme cose diverse.
Ma è anche uno strumento per creare relazioni. Vi racconto come l’ho usato nel 2013 all’interno di un processo partecipato relativo alla candidatura dell’area del Delta del Po a sito MAB (una delle classificazioni dei siti UNESCO). Ho configurato un’installazione di BuddyPress come fosse un social network pensato per aiutare i cittadini e tutte le persone coinvolte da questa candidatura a parlare tra loro. Non era Facebook o Twitter, ma un luogo dove potevano confrontarsi in maniera mirata, facilitati dalla squadra che stava gestendo il processo di partecipazione. Trasformare WordPress in un piccolo Facebook è possibile.


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Insomma, per farla breve: WordPress si adatta agevolmente, bisogna avere solo l’immaginazione per trovare il modo di trasformarlo in quello che più ci serve in quel preciso contesto.

Cose che ho citato

Domande dal pubblico e considerazioni finali

Integro quanto già detto da Erika alla fine del suo post, quando ha parlato delle domande.

Una partecipante ci ha chiesto se per fare civic hacking è necessario coinvolgere suddette Amministrazioni.

Da parte mia ho ricordato che non è detto che il civic hacking sia qualcosa che abbia bisogno di un rapporto con le Pubbliche Amministrazioni. Vale la pena rileggere la storia di MySociety, a tal proposito.

In generale, sono rimasto colpito dalla conoscenza del termine Open Data in una comunità come quella del WordCamp: non mi è mai chiaro quanto certi temi escano dai mondi (spesso autoreferenziali) degli addetti ai lavori. È un aspetto positivo che mi dona un pizzico di ottimismo. Sapevamo comunque che il nostro talk non aveva un taglio pratico e immediato, ma serviva a fornire una serie di spunti da approfondire. La mia impressione è che sia andata bene. Contaminarsi in altre comunità affini al mondo dell’openness è utile e la comunità di Wordpress italiana ha mille attenzioni ai nuovi arrivati, ti fa sentire subito a casa!


L’immagine della cover del post raffigura lo Stregatto di Sir John Tenniels, è tratta da un’edizione illustrata del 1865 di Alice nel Paese delle Meraviglie e disponibile in pubblico dominio su Wikimedia Commons.