Equilibrismi...

in Vita

Niente tecnica.
Niente codice.
Niente tecnologia.

Solo il resto. .)
Viviamo in un mondo dove tutto e’ un equilibrismo, dove tutto e tutti sono ondeggianti verso un lato e un altro, verso il Bene e il Male, il giusto e lo sbagliato, insomma, un mondo di opposti. O l’opposto dei mondi.

Hits e coda lunga, ordine e caos, amore e odio, liberta’ e prigionia, rumore e silenzio, luce e buio…
Musica e rumore.

Ragione e sentimento.
Uomo e donna.
Vita e morte.
**
Tutto e’ un gioco di equilibri, ora stabili, ora tendenti ad un lato, e ora verso l’altro.
In un movimento inconstante, incontrollabile e folle a volte.**
Ma affascinante.

Stimolante e imperdibile.
E’ la nostra vita.
E’ la nostra natura.

Leggevo il post di Matt, creatore di Wordpress, che spiega un modo di vedere l’equilibrio nell’uso del software che ha creato, e che oggi viene costantemente migliorato e personalizzato da centinaia e migliaia di persone.
E’ un altra forma di equilibrio, dove gli effetti benefici sono maggiori di quelli negativi.

Though the freedom intrinsic in the GPL that has allowed people to abuse WordPress it has allowed even more people to do amazing things and over time the good far, far outweighs the bad. Most importantly I feel like WordPress would have never gotten off the ground if it hadn’t been open from the beginning.

Un virtuosismo, forse.
Un po’ come la mancanza palese di struttura del Web, e dell’HTML.
Se fosse stato rigido e strutturato come l’SGML, non si sarebbe diffuso come lo e’ adesso.
Proprio l’HTML, mera semplificazione dell’SGML, e’ una delle chiavi di successo del Web come fenomeno sociale di massa.

E’ l’imperfezione la chiave.
O meglio: esso rappresenta la tecnologia piu’ semplice possibile per seguire un determinato fine e rispondere ad una determinata necessita’.
[ il principio del least power, of course ]

Forse nel Semantic Web lo si e’ dimenticato, forse no.
Forse si e’ preteso troppo.
Ma ci stiamo avvicinando.

E’ l’intelligenza collettiva che rappresenta probabilmente la media di tutti noi, di tutti i nostri sbagli e le nostre corrette intuizioni.
E’ una forza che muta, che fluttua attraverso le nostre menti e le nostre citta’ e l’aria che ci circonda, costantemente.
Ci collega e ci informa: e ci completa.

Un dono del progresso tecnologico e umano, di poche menti illuminate, accomunate dalla passione per la scienza e per l’umanita’ intera.

Questa e’ la mia etica del Web. [ la versione dotta, in versione ragion pura .) ]
Sara’ il caldo, forse.
Sara’ il clima pre-WaveCamp.

Sara’ che sono fondamentalmente anche un romantico.

Leggendo le idee e le opinioni di Elena, mi viene in mente la forza di ognuno di noi che parla delle proprie esperienze, diventando pero’ un media autorevole in questo mare magnum del Web, da molti ancora incompreso purtroppo.
Delle reazioni del ristorante, che non possono far sorridere amaramente, ahime’.

Dove ormai si rasenta il ridicolo, pur di far lavorare i tribunali, altro ke skerzi.
E dove ci si nasconde dietro un dito, e si fa finta di niente.
Bisognerebbe iniziare ad indignarsi, di fronte a certe manifestazioni, uff.

Ma felici di poter usare uno strumento molto piu’ tendente all’equilibrio di tanti altri, dove davvero la collettivita’, se consapevole, puo’ farsi sentire. E sfogarsi, perche’ no?

Dove e’ facile dar giudizi, ma altrettanto semplice e’ l’esser giudicati.
Dove solo con il confronto reciproco, possiamo crescere vicendevolmente.
E divertirci anche, magari… :)
Non ricordo dove l’ho letto, forse qui [ Arte di ascoltare e mondi possibili ] : ma la chiave per risolvere i conflitti e’ rompere gli schemi.
Sorridere di fronte ad un attacco.

Socchiudere gli occhi, come se si stesse a guardare direttamente la nostra cara stella che ci scalda ogni giorno. [ e diavolo se scalda, in questi giorni ]
E poterli riaprire senza negare la piu’ piccola delle verita’.
**Che siamo tanti.
Che siamo tutti esseri umani.
E che non siamo perfetti.

Ma che siamo capaci anche di grandi cose, cosi’ come di grandi bassezze ed efferatezze…
Siamo strani, davvero. Lo so.**

E sappiamo pure sorprederci ancora delle piccole cose.
Come Feba.
Per fortuna.

[ due film per chiudere, Crash - contatto fisico, e Contact ]

Just for fun

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Intelligentemente e in modo chiaro e semplice, Tiziano si chiede l’evoluzione delle Reti Sociali e dei servizi Web che partono da un Walled Garden unico e proprietario per poi iniziare a creare interoperabilita’, come sta facendo proprio uno dei piu’ grossi player oggi presente in questo contesto, Facebook:
-> Se tutti facessero come Facebook?

Aggiungiamo a questa discussione, quello che mi sembra di vedere dal punto di vista del Semantic Web e del passaggio da un Web di documenti, ad un Web di dati, totalmente aperto e interoperabile…

Stiamo convergendo, in effetti: gli utenti se ne stanno accorgendo, che con il moltiplicarsi di servizi utili e di nicchia, hanno duplicazioni di profili, di dati, di informazioni sulle proprie Reti di contatti e molto altro ancora…

Stanno capendo che in questo modo non puo’ andare, pero’.
L’interoperabilita’ e la reale apertura dei propri dati in tutti questi servizi inizia ad essere una necessita’ impellente e sentita da un sempre maggior numero di persone. Con annessa una facilita’ di gestione degli stessi, e una versione e visualizzazione aggregata, magari a mo’ di flusso. [ un po’ come il tentativo di flusso personale di Emily Chang, credo… ]

E il business model che sostiene tutto questo, in maniera simile se vogliamo alla vecchia idea di hits dei portali Web 1.0, dove era importante non far fuggire l’utente al di fuori del proprio network di servizi, si sta incrinando e si sta modificando. In modi interessanti e creativi, speriamo.

E non e’ assolutamente un caso che uno dei problemi piu’ sentiti, l’autenticazione e il livello di identita’, almeno al livello base, venga risolto da due studenti ampliando l’idea di URL, sulla quale si poggia il Web, e creando lo standard OpenID.

Dal punto di vista dei dati, come dicevo qc tempo fa, non e’ un caso che si stia combattendo una nuova guerra sui servizi che cercano di facilitare l’aggregazione dei dati semi-strutturati ed anche non strutturati. ( DabbleDB, ManyEyes di IBM e Freebase, Google Base per certi versi ).

Il Semantic Web, oltre ai due problemi che accennavo in qc post fa, invece, cerca proprio di creare una base standard che spieghi i dati, anche a livello di modello oltre che di sintassi ( RDF e XML rispettivamente ).

Quello che sta facendo pingthesemanticweb.com, in effetti e’ proprio di cercare di tenere traccia alla technorati, del livello RDF, quindi del Web of Data.

Che per sua natura e’ decentralizzato.

Un punto assolutamente fondamentale in tutto questo quadro sara’ COME e CON COSA riusciremo ad aggregare i dati che mettiamo in tutte queste reti sociali diverse, e nel modo piu’ semplice possibile.
Un tentativo interessante e’ Yahoo Pipes, ma altri ne verranno.

Tra l’altro, tornando ad un modo di riunire tutte queste reti sociali, Google sta lavorando alacremente per farlo, e quindi tenere saldamente il controllo anche sui walled garden: un altro caso? .)
-> SocialStream Project

In questo contesto c’e’ gia’ comunque un tentativo interessante di apertura delle Reti Sociali, che e’ PeopleAggregator…
-> PeopleAggregator

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Nella parte finale del libro di Carlo Gubitosa, “Hackers scienziati e pioneri“ [ del quale parlavo qc post fa, e che adesso ho finito di leggere ], nel capitolo dove racconta la storia della nascita del Web, c’e’ un ottimo spunto per capire e catturare una delle mille sfacettature del magnifico strumento che usiamo tutti i giorni.
E che va’ consapevolmente difeso.

Quello che vorrei far emergere e’ un aspetto quasi romantico, ma assai importante per tutti noi.
Io lo chiamarei “Etica della Rete“. [ riconducibile anche a quella hacker, probabilmente… ]
Con qualcosa che faccia da spunto per discussioni nel WaveCamp, magari.
[ Vi avviso: questo e’ un post lunghetto… ]

Nel 1995, la notte tra il 30 aprile e il 1 maggio, vengono rimosse le tabelle di “routing” di NSFNet, la mappa delle “strade maestre” di Internet negli Stati Uniti, e il “backbone” finanziato dall’amministrazione federale statunitense viene disattivato in modo definitivo. In contemporanea, tutti i principali network provider statunitensi (Sprint, MCI, PSI, UUnet,Network99 e altri) trasferiscono i loro servizi presso il Network Access Point (NAP) di Washington D.C. La notizia è di quelle che travalicano il semplice significato tecnico: con il definitivo “pensionamento” della dorsale NSFNet, l’infrastruttura della rete Internet negli Usa è completamente in mano agli operatori commerciali.
[…]
Questo passaggio di consegne tra istituzioni pubbliche e aziende private è stato amaramente commentato,dal saggista Howard Rheingold:

Se le organizzazioni commerciali assumono la gestione della Rete dalle istituzioni pubbliche, chi vi avrà accesso e a chi sarà negato? Chi deciderà che cosa potranno dire e fare gli utenti della rete? Chi farà da giudice in caso di disaccordo sul diritto di accesso o sul comportamento telematico? **Questa tecnologia è stata sviluppata con denaro pubblico.** Deve esserci un limite alle tariffe che le aziende private possono imporre in futuro per farci pagare l’utilizzo di una tecnologia nata e sviluppata con il denaro delle nostre tasse? [...] Ci sono buone probabilità che i grandi centri di potere politico ed economico trovino il modo di mettere le mani anche sulle comunità virtuali, come è sempre accaduto in passato e via via con i nuovi mezzi di comunicazione. **La rete è ancora in una condizione di autonomia, ma non può rimanervi a lungo. È importante quello che sappiamo e facciamo ora, perché è ancora possibile che i cittadini del mondo riescano a far sì che questo nuovo, vitale strumento di dibattito resti accessibile a tutti prima che i colossi economici e politici se ne approprino, lo censurino, ci mettano il tassametro e ce lo rivendano**. [...] Forse in futuro gli anni Novanta verranno considerati il momento storico in cui la gente è riuscita, o non è riuscita, a cogliere la possibilità di controllo sulle tecnologie comunicative.

Gli anni Novanta sono ormai passati, e le tecnologie della comunicazione sono parte integrante della nostra vita quotidiana, utilizzate per fare la guerra o per insegnare, per trasmettere pubblicità o per condividere conoscenza, per cercare profitti personali o benefici collettivi.
Forse Howard Rheingold è stato troppo pessimista, e mi piace pensare che anche nel terzo
millennio ci rimanga ancora un po’ di tempo per decidere cosa fare di questo “ciberspazio” così bello e così potente, ma anche
così fragile e condizionabile dall’ignoranza o dalla stupidità umana.
Milioni di computer in tutto il mondo sono collegati ad una Rete che abbraccia i cinque continenti, e in ogni ora di ogni giorno dell’anno compiono il loro dovere con silenziosa efficacia. **Credo che la sfida degli anni futuri, una sfida umana prima ancora che tecnologica, sarà quella di mettere in Rete le persone dopo aver interconnesso i computer, **per sviluppare una “intercreatività collettiva” che possa davvero cambiare il mondo.

Intercreativita’ collettiva: questo e’ un aspetto che riprendero’ nel prossimo futuro, intanto segnamocelo…

Ci sono alcuni elementi salienti in queste righe, che vorrei puntualizzare:

  • Internet e il Web come tutte le tecnologie create e sviluppate per creare l’infrastruttura odierna sono un interessante connubio di sforzi personali, collettivi e di denaro pubblico, che lentamente e’ stato girato interamente ad organi commerciali e privati: occorre pero’ tenere ben presente l’aspetto di sforzo collettivo sottostante…
  • la consapevolezza della natura degli strumenti a nostra disposizione e di cosa sia giusto arrivare a pagare deriva dalla conoscenza pregressa dello sviluppo di quello che stiamo usando: ignorare questa cosa, permette di rendere comprensibile il pagamento e la lenta, ma continua perdita di tasselli e di diritti in nome del libero mercato
  • dal 1995 ad oggi, da quando cioe’ la Rete non ha piu’ dipendenze scientifiche collettive strutturali, siamo peggiorati a livello di liberta’ e di infrastruttura: non e’ un caso che la Net Neutrality stia per essere violata e messa in discussione. Questo sta capitando anche per la nostra ignoranza. Per la nostra mancanza di paletti forti e per una consapevolezza collettiva che e’ da costruire e rafforzare

Per ribadire il primo punto, vorrei citare alcune parole dell’intervento di Tim Berners Lee, alla prima conferenza sul Web:

[…]Ma ho finito per mettere in evidenza che, così come accade per gli scienziati, anche i membri della comunità di sviluppo del World Wide Web avrebbero dovuto essere eticamente e moralmente consapevoli di quello che stavano facendo. Penso che queste affermazioni siano state un po’ fuori contesto, ma le persone presenti a quella conferenza erano le sole che in quel momento stavano creando il web, e pertanto erano le sole che potevano garantire che il prodotto dei loro sistemi sarebbe stato adatto ad una società giusta e ragionevole.

Questo era il Web, dalle parole del suo creatore, e nelle direzioni che si stavano cercando di dare…
Etica del Web, forse. [ persone del w3c che lavorano alla parte sociale, da seguire ]
Ma anche molto altro.

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Matteo Brunati

Attivista Open Data prima, studioso di Civic Hacking e dell’importanza del ruolo delle comunità in seguito, vengo dalle scienze dell’informazione, dove ho scoperto il Software libero e l’Open Source, il Semantic Web e la filosofia che guida lo sviluppo degli standard del World Wide Web e ne sono rimasto affascinato.
Il lavoro (dal 2018 in poi) mi ha portato ad occuparmi di Legal Tech, di Cyber Security e di Compliance, ambiti fortemente connessi l’uno all’altro e decisamente sfidanti.


Compliance Specialist SpazioDati
Appassionato #CivicHackingIT


Trento