Come regalo in questi giorni di festa, ecco una parte assolutamente comprensibile e inerente ai primi livelli dello stack del Semantic Web: un filmato di qc minuto da vedere…

-> Da The Semantic Web for noobs, via PlanetRDF

In pratica si cerca di spiegare il termine Semantic, in modo che sia facilmente comprensibile e divisibile dalla sintassi con la quale comunichiamo, e nello stesso tempo si rinforza l’idea che si cerca di automatizzare alcune procedure delegate oggi all’uomo inutilmente molte volte.

Visto che siamo in tema, e anche nell’ultimo post ho citato le origini del Web, ed io stesso in questi giorni mi sto studiando meglio le sue fondamenta ( _HTTP e uso corretto delle URI in particolare… _), ecco una presentazione recente ( novembre 2007 ), che ripercorre alcuni concetti del Web, sempre fondamentali:
-> Web Past and Future

Oltre a questo, aggiungo che e’ uscito il Draft per le linee guida sull’utilizzo delle URI anche in chiave semantica, frutto di una diatriba davvero complessa e con spunti notevoli negli anni…
-> Cool URIs for the Semantic Web

URIs (Uniform Resource Identifiers) more simply called “Web addresses” are at the heart of the Web and also of the Semantic Web. Cool URIs for the Semantic Web discusses two strategies for choosing URIs for the Semantic Web, gives pointers to several Web sites that use these solutions, and briefly discusses why several other alternatives are less effective.

Di queste cose esempi e utilizzi pratici arriveranno… .)

Nel frattempo, alla voce Conclusioni del Draft, sono presenti i punti focali della vicenda, che mettero’ comunque maggiormente a fuoco…

Resource names on the Semantic Web should fulfill two requirements:

  • First, a description of the identified resource should be retrievable with standard Web technologies.
  • Second, a naming scheme should not confuse documents and the things described by the documents.

We have described two approaches that fulfill these requirements, both based on the HTTP URI scheme and protocol.

  • One is to use the 303 HTTP status code to redirect from the resource identifier to the describing document.* One is to use “hash URIs” to identify resources, exploiting the fact that hash URIs are retrieved by dropping the part after the hash and retrieving the other part.

The requirement to distinguish between resources and their descriptions increases the need for coordination between multiple URIs. Some useful techniques are:

  • embedding links to RDF data in HTML documents,
  • using RDF statements to describe the relationship between the URIs,
  • using content negotiation to redirect to an appropriate description of a resource.

Esperimenti in corso d’opera…

Content Negotiation in primis, compresa la gestione migliore della lingua di un documento .)

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Post meta-fisico, vi avviso…

Forse di nessuna utilita’, ma mi piace pensare che il nostro spirito di esseri umani e’ molte cose in contemporanea, e nell’atto della comunicazione che facciamo costantemente, molto si puo’ far capire della complessita’ che pensiamo e che ci pervade ogni giorno.

E che siamo, di fatto.

Ogni giorno siamo online, usando Internet ed il Web, scrivendo URL che iniziano con HTTP e trattando con le RISORSE presenti nel Web, senza renderci quasi conto di quello che stiamo facendo, o se abbia un senso, o se ci porti da qualche parte.

Stavo riguardando qualche giorno fa l’inizio del film “A Beautiful Mind“, la storia romanzata di John Nash, genio incompreso e inascoltato per lo piu’ della nostra storia, ed e’ stato come un collage davanti agli occhi.
Vedere la sua voglia di concentrarsi sui problemi delle dinamiche dominanti, e lasciare le piccole cose e i particolari, a tutti gli altri, mi ha colpito.

Vediamo in che modo.

Il software e’ conoscenza, leggevo l’altro giorno: mai affermazione e’ stata piu’ vera.
Stiamo costruendo mattoncino su mattoncino, tecnologie al di sopra di idee che non appaiano a caso, ma Stando sulle spalle dei giganti, qualcuno ha detto una volta.

E’ una sensazione strana, e percepirla davvero fa sentire bene, fa essere orgogliosi di essere uomini…

E’ bello capire e sentire che le conoscenze che si studiano, che si leggono, che le tecnologie e il nostro stesso stile di vita, tanto imperfetto quanto condannabile, e perfettibile, e’ pur sempre il frutto di generazioni e generazioni di uomini che hanno contribuito con la propria passione e le proprie attitudini a sfidare il proprio intelletto, e a cercare di capire le regole che ci circondano.

Esplicite o meno che siano.
Misteriose e incompresibili a volte, ma pur sempre affascinanti.

Non sono le tecnologie, il singolo linguaggio o il singolo sistema operativo la Chiave di volta di tutto quanto: come tecnici sono infinite le guerre di religione che si combattono costantemente, ora a supporto di una o l’altra frangia, a ragione o a torto…

La realta’ e’ che ci si concentra forse troppo sul particolare, e non si lavora sull’insieme, dove davvero conterebbe.
Proprio come ha cercato di fare Nash, astraendosi sempre piu’ dal particolare, e dando vita cosi’ ad una delle idee e delle teorie piu’ grandi della nostra Storia.

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Impossibile non parlarne, pochi fanno emergere alcuni risvolti davvero tristi della questione…

-> Contrappunti/ Google in ritardo?

Per esempio Google in questi giorni sta presentando un progetto, rivolto al mondo dei social network, che prende il nome di Open Social. Si tratta di una serie di API, rilasciate liberamente, attraverso le quali qualsiasi sviluppatore potrà inserire applicazioni e contenuti dentro molti differenti social network fra quelli esistenti.

Oggi invece, con il progetto delle API libere di Google, l’idea di OpenData, sostenuta da alcune piccole aziende innovative come Broadband Mechanics, NetVibes, Plaxo e poche altre, potrà avere forse maggior seguito. Ed è importante notare come dalle prime dichiarazioni al progetto Open Social abbiano subito dato collaborazione grandi siti come MySpace (anch’esso evidentemente preoccupato dell’ascesa irresistibile di Facebook), Ning e molti altri.

Partiamo da una serie di riferimenti, per capire…

Shelley Powers ne ha scritte diverse, che meritano attenzione:
-> Thoughts: Leopard and OpenSocial - Updated

The OpenSocial does not enable ‘the social graph’. This API is meant to be hosted in different social network applications, using a combination of HTML and JavaScript. **This is not a web services API, which is what you would need with the so-called ‘open social graph’. **

This is a way for 3rd party application developers to create an application and only have to worry about integrating it with a couple of different platform APIs, such as Facebook’s and OpenSocial. One social platform can develop widgets to another social platform, but that’s nothing more than a direct link between two applications–it’s not ‘open’, there is no universal pool of data goodness from which to suck, like bees and nectar.

Se passiamo poi al post successivo, vediamo altre cose succulente:
-> Terms

Perhaps the world will read the terms of use of the API, and realize this is not an open API; this is a free API, owned and controlled by one company only: Google. Hopefully, the world will remember another time when Google offered a free API and then pulled it. Maybe the world will also take a deeper look and realize that the functionality is dependent on Google hosted technology, which has its own terms of service (including adding ads at the discretion of Google), and that building an OpenSocial application ties Google into your application, and Google into every social networking site that buys into the Dream. Hopefully the world will remember. Unlikely, though, as such memories are typically filtered in the Great Noise.

Come sfruttare il sensazionalismo della parola Open in una chiave di lettura che vede nell’Open molto poco, in effetti.

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Matteo Brunati

Attivista Open Data prima, studioso di Civic Hacking e dell’importanza del ruolo delle comunità in seguito, vengo dalle scienze dell’informazione, dove ho scoperto il Software libero e l’Open Source, il Semantic Web e la filosofia che guida lo sviluppo degli standard del World Wide Web e ne sono rimasto affascinato.
Il lavoro (dal 2018 in poi) mi ha portato ad occuparmi di Legal Tech, di Cyber Security e di Compliance, ambiti fortemente connessi l’uno all’altro e decisamente sfidanti.


Compliance Specialist SpazioDati
Appassionato #CivicHackingIT


Trento