Scoprire che qualcuno realizza e condivide qualche proprio folle slancio riflessivo e’ gratificante…
Ma era anche ora, direi…
-> Scuola e libri… qualcuno si e’ mosso…

In effetti dare come compiti che so, aggiungere materiale a Wikipedia oppure trovare spunti di discussione dalle discussioni stesse su Wikipedia non sarebbe male,no?

Ecco la notizia fresca fresca da Punto Informatico:
-> Basta compiti in classe, si passi a Wikipedia

Roma - Alzino la mano i prof che in Italia ci avevano pensato: pochi? Nessuno? Invece, la professoressa Martha Groom, dell’Università di Washington-Bothell ha avuto proprio questa idea: perché insistere ancora con sterili mezzi di verifica didattica, superati e, soprattutto, ermetici? Tanti sforzi, salvo casi di estrema bravura, oggi restano confinati tra le mura dell’istituto didattico, quale esso sia. Perché non pensare a Wikipedia che, nelle sue varie versioni internazionali, ha tanta sete di pagine serie, sicure, affidabili, accademicamente valide? Utilizziamola, e travasiamoci le conoscenze acquisite durante lo studio, con diligenza e con tutte le verifiche del caso.

E’ chiaro che vada pensata e ponderata tale direzione, ma penso sia una strada da valutare…
Nelle modalita’ e nel confronto con lo staff e la comunita’, sotto il controllo dei docenti e da fare solo oltre un certo grado di istruzione, of course…

E se a questo quadro, aggiungiamo un dispositivo come Iliad, ragazzi, l’insieme non e’ male… .)
-> iLiad a scuola!

Cosa cambierebbe a scuola (e all’università), se gli studenti avessero un iLiad, con dentro i libri di testo (su cui studiare sottolineando ecc.), e i quaderni (in cui scrivere prendere appunti e fare esercizi…), e i libri da leggere, e magari gli aggiornamenti dei libri di testo e i giornali e le riviste da scaricare via wifi, etc.?

Nemmeno con le nuove potenzialita’ emerse dal caro Iliad:
-> Immagine Iliad con Minimo come browser

Via my tumblr, su fonte Simplicissimus Book Club

C’e’ tutto un mondo da costruire, e le potenzialita’ iniziano ad essere comprese… vero Antonio? .)

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Ci sono due nuove notizie da segnalare sulla questione complessa dell’enciclopedia libera [ della quale avevo gia’ parlato ] :
-> Contrappunti/ La Internet scomoda
-> Wiki, we have a problem

Il primo e’ un gran bell’editoriale di Mantellini che punta il dito non tanto sulla veridicita’ di Wikipedia quanto sulle sue potenzialita’ di discussione della storia e delle vicende umane da parte della collettivita’

Molti degli strumenti di supervisione di enormi serbatoi di contenuti come Wikipedia devono ancora essere pensati e sperimentati ma è bene ricordare che i due principali sono già on line da tempo. Si chiamano “trasparenza” e “collaborazione”. Si tratta di due valori che non hanno molto spazio oggi nel mondo reale poiché ostacolano ogni sorta di maneggio politico, ideologico e commerciale.
[ … ]
Partendo da presupposti simili, gli studi scientifici sulla autorevolezza di Wikipedia fanno francamente sorridere. Ester Dyson, interpellata dal NYT sul “grave” caso di diffamazione nei confronti di Seigenthaler (che si agita molto sui media americani ma non si è nemmeno preso la briga di risalire agli autori del gesto adducendo risibili difficoltà legali) ha chiuso la vicenda con una dichiarazione sintetica e definitiva:

Internet ha fatto moltissimo per la verità aumentando le possibilità di discussione su qualsiasi argomento. La trasparenza e la luce del sole sono meglio di un singolo punto di vista che non può essere discusso“.

Il secondo invece e’ un ottimo sunto di alcune opinioni molto interessanti su come risolvere la questione inspirandosi al modello open source e Linux: costruire un qualcosa che si basi su Wikipedia, ma che sia simile ad una redazione tradizionale che faccia da filtro e da verifica sui dati free di Wikipedia stessa

La domanda pero’ cosi’ sorge spontanea: ma come verrebbe pagata questa nuova redazione?
I contenuti sarebbero sempre liberi, in teoria e si sosterrebbe che so dalle vendite di una ipotetica versione cartacea di Wikipedia?

La questione mi pare quanto mai complessa, ma senza dubbio interessante…

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Matteo Brunati

Attivista Open Data prima, studioso di Civic Hacking e dell’importanza del ruolo delle comunità in seguito, vengo dalle scienze dell’informazione, dove ho scoperto il Software libero e l’Open Source, il Semantic Web e la filosofia che guida lo sviluppo degli standard del World Wide Web e ne sono rimasto affascinato.
Il lavoro (dal 2018 in poi) mi ha portato ad occuparmi di Legal Tech, di Cyber Security e di Compliance, ambiti fortemente connessi l’uno all’altro e decisamente sfidanti.


Compliance Specialist SpazioDati
Appassionato #CivicHackingIT


Trento