Alcune brevi...

in Vita

Prendete le notizie qui sotto come un filtro su alcune cose importanti da tenere a mente…

I temi toccati sono standard aperti e sicurezza informatica in varie forme, dalle norme italiane anti-terrorismo all’avanzare di iniziative Trusted Computing, [ sul quale mi soffermero’ piu’ avanti ] a riflessioni quanto mai interessanti sull’uso dei blogs.

Da segnalare purtroppo l’iniziativa americana di limitare fortemente lo sviluppo di certi software in nome della sicurezza nazionale: cose che mi trovo a leggere sperando sia un racconto di fantascienza… surreale e’ dire poco…

Tornando sui blogs vorrei segnalare il sempre acuto Beppe Caravita che prendendo spunto da un sondaggio americano sul perche’ la gente decide di bloggare fa un post straordinario:

I risultati di questa ricerca sui blogger statunitensi mi hanno incuriosito.

Quasi un blogger Usa su due sceglie la parola terapia per motivare la sua attività.
All’altro estremo quasi nessuno, il 3%, ha un obbiettivo di notorietà.

Terapia…uhm. Il termine a prima vista sembra richiamare un odore di malattia, di malessere (che certamente esiste), si avvicina persino a quel termine greve e volgare (segaioli) che qualche tempo fa una mente eccelsa ci affibbiò.

Terapia però nello specifico è esprimersi, scrivere,comunicare (magari solo a se stessi). Mi viene in mente, al proposito, una parola un po’ più nobile: meditazione.

Certo, una forma di meditazione un po’ particolare, più simile alla riflessione sui fatti (propri, altrui e pubblici). Ma pur sempre un fatto espressivo condotto (anche) verso se stesso, quindi a più alta probabilità di sincerità. E di scioltezza nello scrivere.

Rifierimenti:

-> Il Massachusetts taglia fuori Office
-> Blog meditation
-> USA, stop ai software… pericolosi?
-> Norme antiterrorismo, sale la temperatura
-> Trusted Computing verso la Sicurezza mobile

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A new interesting way of using blogs and trackback and social software…

To discuss about them and about Web2.0 idea…

-> Our First “Blogoposium” - Communicating the Ideas behind ‘Web 2.0′

Perhaps more importantly, what does the phrase “Web 2.0″ communicate to the non-technical community?
Does it imply that there will be a “Web 3.0″ or “Web 8.5″ one day? Is this really the best way to articulate the next evolution of web technologies? Is Web 2.0 just “a marketing concept used by venture capitalists and conference promoters to try to call another bubble into existence” as Dave Winer suggests?
[…]
The blogoposium will start on Wednesday, September 28th and run through Friday, September 30th
How to Participate
Simply tag your post with blogoposium1…
or Tag Relevant Articles with del.icio.us …
Trackback this Post

Note that…

The first 30 trackbacks will receive a complimentary copy of the advanced uncorrected proof of Seth Godin’s The Big Moo (the book doesn’t come out till October).
Similar to TechCrunch, I’ll foot the bill for shipping for those of you in U.S. or Canada and ask $5 for those outside there.
If you see you are within the first 30, drop me a line with your shipping address. Limit one book per blogger.

Very interesting initiative, isnt’ it? :)

Via Danny Ayers

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Il titolo di questo libro può fuorviare per diversi motivi…

Intanto non è un libro tecnico per cui anche i non informatici possono leggerlo senza molte difficoltà.
E’ un libro strano, se vogliamo essendo scritto a più mani e quindi con stili e finalità differenti, che visto il tema trattato forniscono diverse chiavi di lettura di un fenomeno ampio e incompreso…
L’hacking appunto
In realtà è un libro che tenta di spiegare una nuova etica e lo fa con un approccio stimolante e diretto…

Osserviamo la società in cui viviamo, la società della rete, della net-economy, la società della globalizzazione economica.
Prendiamo il lavoratore flessibile, schiavo del proprio lavoro, di un lavoro che si insinua nel suo tempo libero, che tenta di prendere il sopravvento sulla sua vita per divenire valore fine a se stesso e fine ultimo di questa; un lavoratore che dev’essere sempre pronto a spendere tempo e denaro di tasca propria per darsi un’autoformazione.
E se esistesse un altro punto di vista, una nuova etica che interessasse il lavoro, un’etica per rendere la vita umana di nuovo umana e degna di essere vissuta?
Forse proprio da questo punto parte il lavoro di indagine del professore finlandese Pekka Himanen, indagine attraverso l’etica di quel gruppo di persone che hanno creato le tecnologie che ci circondano, gli hacker.

E se prendiamo un’altra recensione ecco cosa dice l’antefatto:

Il libro di Pekka Himanen, che un così vasto dibattito ha suscitato negli Stati Uniti, approda nelle librerie italiane a distanza di pochi mesi dalla sua apparizione per i tipi della Random House, grazie all’eccellente traduzione di Fabio Zucchetta per Feltrinelli.

Fin dal titolo, che vuole ricalcare quello dell’opera forse più fortunata di Max Weber, Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus (1904-1905), l’autore si propone di istituire un raffronto tra l’etica che ha incarnato i valori di una certa struttura economico-produttiva e un nuovo modello di etica che starebbe emergendo in connessione all’affermarsi di una serie di mutamenti significativi nel medesimo quadro produttivo e che vengono sinteticamente presentati dal sociologo statunitense Manuel Castells nell’epilogo del libro.

Detto altrimenti, all’etica del lavoro e del denaro propri del pensiero protestante, che secondo lo studio di Weber avrebbe rappresentato un contributo decisivo alla nascita ed all’affermarsi del capitalismo, si andrebbero sostituendo secondo Himanen altri valori che, nati dal mondo dell’hacking, si starebbero diffondendo in ambiti sempre più estesi della nostra società, in relazione al passaggio ad un nuovo paradigma tecnologico che ne starebbe plasmando l’intera struttura materiale.

E per capire come è strutturato il libro

La proposta che viene discussa è infatti quella di un diverso atteggiamento nei confronti tanto del lavoro che del denaro, ed implicante una diversa concettualizzazione della collettività, come è emersa anzitutto proprio nella cerchia dei protagonisti della prima delle due innovazioni tecnologiche sopra menzionate: gli hackers.
I sei capitoli, suddivisi in tre parti, del libro si articolano infatti ad illustrare — uno per capitolo - i valori alternativi di cui questi ultimi si sarebbero fatti portavoce in alternativa a quelli affermatisi nella società dell’informazionalismo.

Pur riconoscendo che probabilmente è ancora un’etica di nicchia e di certo non di facile presa nel nostro mondo e’ interessante vedere come viene conclusa questa recensione:

E’ un’etica, tuttavia, che può essere forse utile come parametro per valutare da una prospettiva diversa quei mutamenti in atto sotto i nostri occhi e verso i quali sembriamo poco meno che ciechi: l’esempio relativo alle letture possibili del concetto di flessibilità va in questa direzione. In conclusione, il libro di Himanen è un documento senz’altro importante sul dibattito in atto attorno alle trasformazioni prodotte dalla cosiddetta terza rivoluzione industriale, sui meccanismi che presiedono la nostra società e sui valori che ancora, dopo tutti i dibatti sulla fine delle ideologie, la pervadono (e ci pervadono), e che tuttavia fallisce nella pretesa di rappresentarsi come un percorso alternativo praticabile.
Io non mi trovo d’accordo con questa conclusione visto che è sotto gli occhi di tutti che qualcosa questo nuovo spirito la sta facendo e tutta la comunità open source pur non condividendo appieno tutti i punti esposti nel libro si riconosce in questo nuova etica.
La realtà è che non si deve cambiare in toto il sistema, ma semplicemente ci si deve integrare nel sistema stesso.

Consiglio la lettura dell’intervista all’autore che per certi versi e’ illuminante…
-> Il filosofo della passione hacker

E’ un libro a volte complesso e molto forte per quello che cerca di esprimere: può essere una spiegazione per sommi capi di un fenomeno che la gente stenta a comprendere secondo i canoni che usiamo nella nostra società e qui mi riferisco principalmente al denaro.

Se leggete questo libro capirete forse qualcosa in più.

Riferimenti:

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Matteo Brunati

Attivista Open Data prima, studioso di Civic Hacking e dell’importanza del ruolo delle comunità in seguito, vengo dalle scienze dell’informazione, dove ho scoperto il Software libero e l’Open Source, il Semantic Web e la filosofia che guida lo sviluppo degli standard del World Wide Web e ne sono rimasto affascinato.
Il lavoro (dal 2018 in poi) mi ha portato ad occuparmi di Legal Tech, di Cyber Security e di Compliance, ambiti fortemente connessi l’uno all’altro e decisamente sfidanti.


Compliance Specialist SpazioDati
Appassionato #CivicHackingIT


Trento